la Repubblica, 13 settembre 2016
MiTo, tra lo stand di Guanda e quello di Sellerio ci saranno 140 chilometri da percorrere. Eppure questa è la soluzione meno assurda
Una testa, o governance, sola e un evento solo. Due sedi, Torino e Milano, e due funzioni differenziate. L’esito sarà un MiTo, o un mito? Funzionerà bene come la manifestazione musicale che già si svolge nelle due città o sarà una chimera? Oggi la risposta non c’è: intanto si può registrare (con tutte le cautele che l’esperienza, se non la saggezza, ispira) un certo ritorno collettivo alla ragionevolezza. Ci sono stati i colpi di teatro e le battute a effetto; ci sono state l’uscita dell’Associazione Italiana Editori dal Salone del Libro di Torino e la programmazione di un evento fieristico a Milano, nello stesso periodo. Posizionamenti arcigni da una parte all’altra, provocazioni e amarezze qui e là. Poi è arrivata una proposta del ministro Franceschini, si è «aperto un tavolo» e le parti hanno cominciato a parlarne. La proposta è appunto quella di costruire un evento unico, negli stessi giorni, ma articolato su entrambe le città, senza sovrapposizioni. Il ministro ha fatto anche notare che si può portare l’Alta Velocità ferroviaria (che a Rho-Fiera, pressoché Milano, c’è già) sino al Lingotto di Torino e rendere così le due sedi del doppio Salone raggiungibili in pochissimo tempo.
Non è certo facile immaginare come attirare pubblico in entrambe le sedi, visto che uno dei vantaggi del Salone di Torino era quello di accogliere stand della quasi totalità degli editori. Per fare un esempio a caso, se fra lo stand di Guanda e quello di Sellerio ora ci saranno 140 km da percorrere (sia pure in Freccia Rossa), il vagabondaggio del visitatore e possibile acquirente fra gli scaffali sarà indubbiamente un po’ meno agevole del consueto. Ma questa sarà sempre una soluzione meno assurda della concorrenza che si prospettava fra due eventi diversi, in un settore che è casomai in competizione per sopravvivere e ha la necessità di non essere diviso da lotte interne, fra l’altro per ragioni poco comprensibili a chiunque.
Per la situazione che si era determinata, è forse la migliore notizia che oggi potesse arrivare. La notizia ottima sarebbe che, in tempi rapidi, la soluzione che si delinea trovasse una forma di plausibile efficacia. Si chiamerebbe, per una volta, «politica culturale» e ne saluteremmo tanto volentieri la comparsa.