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 2016  settembre 13 Martedì calendario

«Se Russia e Usa si uniscono davvero contro l’Isis potranno cambiare le dinamiche sul terreno». Lo dice Vali Nasr, un americano di origine iraniana, esperto di Medio Oriente

Ieri alle 18 è cominciato in Siria il cessate il fuoco, concordato dopo mesi di difficili negoziati tra Russia e Stati Uniti. Se la tregua tiene, tra sette giorni russi e americani daranno il via alla cooperazione militare contro lo Stato Islamico. Un passo decisivo verso la pace? Lo chiediamo a Vali Nasr, decano della Johns Hopkins e grande esperto del mondo islamico.
Il passato c’insegna a essere scettici?
«Questo cessate il fuoco è il primo anello di una catena. Se ha successo, e se Russia e Stati Uniti sono veramente intenzionati a operare insieme contro i gruppi estremisti, potranno cambiare le dinamiche sul terreno. Bisognerà vedere comunque quali gruppi attaccheranno, e dove. Lo Stato Islamico o anche Jabhat Al Nusra? Solo allora potremo capire se saranno possibili passi avanti. Ma siamo al primo anello, è presto per fare previsioni. La cosa più importante è che le parti si siano focalizzate sul cessate il fuoco senza cercare, come avevano fatto finora, un accordo sul futuro della Siria, perché nessuno oggi è disposto ad accordarsi sul fine partita o sul ritiro di Assad».
Terrà questo anello?
«Il dilemma di tutti i cessate il fuoco è che li vuole davvero chi sta in quel momento perdendo, non chi sta vincendo. Assad sembra fosse vicino alla vittoria ad Aleppo e anche i turchi stavano avendo la meglio sui curdi: perciò fermare il fuoco in questo momento avvantaggia l’opposizione. In che misura Assad sarà pronto a cessare il fuoco mentre era in vantaggio? I russi possono fare opera di persuasione, ma non so se non cambierebbero anche loro posizione se vedessero che il cessate il fuoco è di beneficio per l’opposizione. Non hanno potuto dire no a una azione umanitaria, e ne hanno tratto anche un beneficio di immagine, ma gli interessi della Russia in Siria non sono cambiati. Per questo probabilmente l’accordo è focalizzato su Aleppo. Ma potrebbe anche succedere che si continui a combattere in altre città».
È realistico che l’opposizione moderata si separi dagli estremisti di Jahbat Al Nusra come previsto dall’accordo?
«Dipende da come ogni gruppo vedrà l’impatto di questa tregua sulle proprie e le altrui chance future. Tutti hanno probabilmente capito che è nel loro interesse di perseguire i propri interessi in modo diversi. Washinton offre a Mosca un coordinamento militare contro i gruppi terroristici in cambio dell’impegno russo a impedire che Assad attacchi l’opposizione moderata. Nemmeno l’Occidente ha interesse che gli estremisti usino la tregua per rafforzarsi e reclutare nuovi adepti. Il conflitto in questo caso diventerebbe sempre più pericoloso».
Come si può impedire che Al Nusra si rafforzi?
«Il solo modo sarebbe dare più armi ai moderati, ma questo incoraggerebbe Assad a rompere il cessate il fuoco. In realtà l’accordo non risolve nessuno dei due problemi fondamentali della guerra: quale parte alla fine prevarrà e come contenere gli estremisti. Ma se russi e americani attaccheranno oltre all’Isis anche Al Nusra questo può portare a un mutamento degli equilibri sul terreno. A favore di Assad perché i moderati non sono abbastanza forti».
In Siria si combattono per procura anche iraniani e sauditi. Lei è stato il primo a prevedere che il conflitto tra sciiti e sunniti avrebbe plasmato il nostro futuro. Come hanno reagito all’accordo?
«Gli iraniani hanno lasciato che fossero i russi a negoziare, ma le posizioni di fondo di nessuno dei giocatori chiave sono cambiate».