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 2016  settembre 11 Domenica calendario

Mappa per capire come limitare i danni di terremoti e uragani

Fenomeni naturali come terremoti, alluvioni, frane, eruzioni vulcaniche, ma anche tsunami o eventi meteorologici estremi, ci ricordano che la Terra è un pianeta «vivo», con dinamiche e trasformazioni continue. Quando tali fenomeni mettono a repentaglio vita, attività e ricchezza di una comunità umana, è necessario che conoscenze scientifiche, competenze professionali e responsabilità politiche si integrino efficacemente con l’obiettivo di difendere popolazione e territorio.
Secondo un rapporto rilasciato qualche anno fa dalla compagnia assicurativa Munich Re, il conto delle catastrofi naturali che hanno colpito la Terra, soltanto per l’anno 2012, è stato stimato in una cifra superiore ai 120 miliardi di euro. L’uragano Sandy dello stesso 2012 da solo ha prodotto negli Stati Uniti danni per oltre 30 miliardi di euro. Queste somme gigantesche spesso sono associate a migliaia di vittime, soprattutto quando a essere coinvolti sono Paesi poveri, densamente popolati, che non dispongono di mezzi adeguati per ridurre la vulnerabilità e l’esposizione al rischio del loro territorio. Inoltre, gli esperti della Munich Re e del World economic forum sottolineano che nel prossimo futuro saranno proprio le catastrofi di carattere ambientale e climatico, in particolare inondazioni e siccità, ad avere il maggiore impatto sulle comunità umane.
A giudicare da questi dati e dalla distribuzione dei disastri verificatisi sull’intero globo dal 2014 in poi, verrebbe da chiedersi se la Terra non sia diventata più pericolosa che in passato. In realtà, forse non è la pericolosità ad essere aumentata, almeno a scala globale, quanto piuttosto il rischio legato ai fenomeni naturali, che tiene conto non solo della pericolosità, ma anche della vulnerabilità degli elementi presenti sul territorio e della loro esposizione. Il rischio è determinato dalla possibilità che insediamenti umani, attività produttive, infrastrutture e beni monumentali possano subire un danno. Ed è forse proprio il rischio ad essere aumentato sul nostro pianeta rispetto al passato.
Negli ultimi cinquant’anni il vertiginoso aumento della popolazione e la necessità di incrementare la produzione agricola e industriale hanno comportato l’ampliamento delle aree urbanizzate e un maggiore consumo di suolo. «Megacittà» di milioni di abitanti hanno raggiunto anche aree potenzialmente pericolose per l’uomo, dove un tempo non si sarebbe costruito per le cattive caratteristiche geomorfologiche o climatiche. Di fatto, si è determinata una maggiore esposizione al rischio delle nostre società: siamo più numerosi e più vulnerabili agli eventi naturali, anche e soprattutto in considerazione del fatto che la globalizzazione crea condizioni di sempre maggiore interdipendenza tra i Paesi.
Il rischio non è del tutto eliminabile, ma può essere mitigato, cercando di minimizzarne gli effetti negativi. Oggi siamo capaci di prevedere, con un certo grado di incertezza, l’insorgere e lo sviluppo nel tempo di alcuni eventi naturali. Il progresso scientifico sta dimostrando che difendersi è possibile, con l’approfondimento della conoscenza dei fenomeni, il loro monitoraggio accurato e continuo, la messa a punto di reti di allertamento, l’impiego di modelli previsionali affidabili, l’utilizzo di metodi costruttivi tarati sulle caratteristiche di pericolosità di ogni zona del mondo, l’attuazione di campagne di informazione per la popolazione: in definitiva con lo sviluppo di programmi di prevenzione finalizzati a una più efficace gestione del rischio. La scienza ci consente di individuare soluzioni accettabili, che ci permettano di convivere con i fenomeni naturali.
Ogni comunità umana ha una sua intrinseca capacità di resistenza agli eventi naturali che può dipendere da fattori di diversa natura (economici, culturali, storici, sociali, psicologici). La resilienza della comunità è la sua capacità di rispondere a un evento calamitoso, ripristinando le condizioni materiali e spirituali esistenti prima che tale avvenimento si verificasse. Difendersi dai rischi naturali significa quindi migliorare la resilienza delle nostre comunità, un obiettivo raggiungibile attraverso la prevenzione.
In un mondo globalizzato anche le strategie di mitigazione del rischio dovrebbero svilupparsi a livello globale, pur tenendo conto dei differenti contesti sociali, economici e culturali esistenti nelle diverse parti del mondo, e a tal riguardo già da diversi anni le Nazioni unite hanno avviato iniziative per la riduzione del rischio a scala mondiale.
In questo contesto, il nostro Paese, ricco, sviluppato, tecnologicamente e scientificamente avanzato, è stato di nuovo colto impreparato dal recente terremoto, dimostrando ancora una volta da un lato un’eccellente gestione dell’emergenza, ma dall’altro la mancanza di una sufficiente consapevolezza del valore della prevenzione.
Un terremoto, una frana, un’alluvione certamente si ripresenteranno laddove permarranno le condizioni geologiche «favorevoli» al loro accadimento: è solo una questione di tempo. Investire nella ricerca e nell’innovazione tecnologica degli interventi di difesa può ridurre notevolmente i costi sociali ed economici del rischio. Bisogna convincersi che la prevenzione è una cosa seria e utile, che ci conviene sotto ogni punto di vista e che non investire nella prevenzione significa trasferire irresponsabilmente il costo sociale ed economico di un disastro sulle spalle delle generazioni successive.