Corriere della Sera, 11 settembre 2016
Il Leone d’oro va a Lav Diaz e al suo The Woman Who Left, un film di quattro ore in bianco e nero
Arriva il momento in cui il presidente della giuria Sam Mendes deve confrontarsi con la parolina magica, Oscar. Lui fa finta di nulla e non risponde. Fatto sta che La La Land, il musical da Oscar, deve accontentarsi del premio alla migliore attrice Emma Stone; se non altro è andata meglio che a Birdman, altro film Usa che due anni fa aprì il Lido, uscì a mani vuote, i giurati dissero che tanto non aveva bisogno del Leone, e poi vinse quattro statuette pesanti a Hollywood. Insomma Venezia vuole i film da Oscar (fuori gara ci sono stati Gravity e Spotlight, altri Oscar), le major e i divi sono tornati, ma le giurie spostano i riconoscimenti su un altro cinema.
Leone d’Oro a Lav Diaz, autore del fluviale film filippino di quasi quattro ore in bianco e nero, comunque apprezzato dall’ala cinefila radicale. Mendes, è stato solo un verdetto di natura artistica o avete pensato alla possibilità che il pubblico possa vedere questo film? «Non abbiamo parlato di questo. Ma se ha vinto un premio così importante aumentano le possibilità di trovare una distribuzione nel mondo, è un incoraggiamento a vedere film originali».
I tre film italiani in gara, troppo esili e c’è poco da recriminare. Ci si accontenta dei cinque premi collaterali di Indivisibili (Giornate degli autori) e il premio a Orizzonti per il documentario (uno dei sette italiani nelle varie sezioni) Liberami di Federica Di Giacomo. Ma li avete presi in considerazione i nostri in gara? «Abbiamo considerato tutti allo stesso modo. Ce ne sono stati otto, quelli che abbiamo premiato, che ci hanno entusiasmato di più». Fanno discutere i riconoscimenti ai cannibali di The Bad Batch e al messicano La región salvaje con la viscida creatura dai tentacoli fallici votata ad assurdi riti sessuali pagani. «Posso dirvi il criterio che ci ha guidati. Ci siamo indirizzati su film senza compromessi, lontani da una zona comfort, con una visione originale, audace, e una identità pura. Su The Bad Batch è già stupefacente che in America si sia potuto realizzare un film del genere».
Il regista degli ultimi due 007 con gli altri membri della giuria ha killerato i film da grandi numeri ( Jackie ne ha preso uno non centrale). Mentre il premio al migliore attore, l’argentino Oscar Martinez, favorito alla vigilia per El ciudadano ilustre, ha convinto tutti: «È un onore – dice lui – non solo per il prestigio della Mostra ma perché in questo Paese per una magica costellazione si è prodotto il miglior cinema del XX secolo». Le Filippine continuano a stupire, dopo il premio all’attrice Jaclyn Jose all’ultimo Cannes. E ora Tutti a casa, come dice il film di Comencini che, restaurato, ha aperto le danze di questa edizione.