la Repubblica, 11 settembre 2016
I numeri 10 non sono più quelli di un tempo
SI comincia sbrigando faccende interne. Una settimana fa, parlando di Vera Caslavska, ho attribuito a Kruscev il consiglio di farla partecipare ai Giochi del ’68. Invece era Breznev. Regola: quando si sbaglia si fa pubblica ammenda e il voto (3) è consequenziale. Si continua con un titolo di ieri, in cui il Fatto usa la parola Stampubblica, riferendosi alla nota fusione. Francamente brutta (la parola: 4,5). Vero che nei titoli c’è la necessità di abbreviare, e nello sport lo sappiamo: Alessandro diventa Ale, Valentino o Valentina Vale, Massimiliano Max, Federica Fede, e, tornando a Stampubblica, non si guadagna molto spazio. Se togliamo l’articolo, abbiamo una testata di 6 lettere e una di 10, totale 16. Stampubblica fa 12 in tutto. Secondo me basterebbe un testacoda: Repampa. Totale 7 lettere. In più, si rispetta l’ordine alfabetico. Infine, si costruisce una parola suggestiva, che fa pensare al bandolero stanco di Vecchioni ma anche a Osvaldo Soriano, Mempo Giardinelli, Alejandro Paternain, più una spruzzatina di Jovanotti. Stampubblica è burocratico, Repampa fa pensare a un re (netta e voluta la contraddizione con Repubblica), ha un che di marcetta, vamos muchachos.
UNA marcetta, ma funebre, meriterebbe il numero 10, che sta via via sparendo dalle maglie della serie A. A parte il Napoli, che in omaggio a Maradona ha ritirato il numero 10, la Juve è senza 10, Roma, Inter e Milan ce l’hanno in panchina. In un altro calcio, non lontanissimo, il 10 era il più difficile da sostituire, perché poteva inventare qualcosa in qualsiasi momento. Adesso no. Sportweek ha calcolato che nell’ultima di campionato solo 5 squadre su 20 hanno tenuto in campo il loro 10 dal primo all’ultimo minuto: Atalanta, Bologna, Empoli, Palermo e Udinese. Adesso il 10 può anche non essere attribuito, oppure spaventa l’idea di sceglierlo. Al Pogba juventino il 10 aveva dato un po’ alla testa, ma non è che a Manchester, con un altro numero sulla schiena, il 6, giochi diversamente. Forse pensando a Pogba Dybala si è tenuto il 21, eppure avrebbe tutti i numeri (pardon) per essere un 10 stimato, rispettato e temuto. L’anno prossimo, forse, si sentirà pronto. Un piccolo episodio che fa capire l’intelligenza di Dybala. Dopo un quarto d’ora, sul 2-0, due gol di Higuain, avrebbe anche lui una palla-gol, sul sinistro. Ma invece di tirare cerca l’assist, difficile, per Higuain. Quasi impossibile che nascano gelosie, quando si gioca con questo spirito. Il 10 è il numero della bellezza, della tecnica, della fantasia. Non ha confini, ha fatto la storia del calcio. Difficilmente, andando a ritroso, troverete un 10 brocco e ottuso: chi aveva queste caratteristiche stava lontano dal 10 come i vampiri dall’aglio perché era il primo a rendersi conto dell’incompatibilità. Se il 10, con l’eccezione di Cruijff che era un 10 ma voleva il 14, ha fatto la storia del calcio, ci vorrà un secolo almeno perché altrettanto facciano il 19, il 72 o il 96, o tutti quelli dal 12 al 99. Servono a vendere più maglie. Forse.
APROPOSITO di maglie. Ho letto su Repubblica, che ha ripreso il Sun, di una curiosa iniziativa del Manchester United: ha imposto ai suoi giocatori di non scambiare la maglia con l’avversario, a fine gara. A ogni giocatore sono state affidate 4 divise (due a manica corta, due a manica lunga) per ogni tipo di maglia, intimando «di non regalarle o scambiarle, così da non doverle sostituire. Per il club è un costo». Se uno dei club più ricchi del mondo tira a risparmiare anche sullo scambio di maglie, c’è di che riflettere. Si spende e spande sugli ingaggi (del tecnico, dei giocatori) e si fanno le pulci su altre uscite? Basterebbe dire ai giocatori che ogni maglia scambiata è a carico loro. Non ci sono soltanto quelle che si scambiano a fine partita, ci sono anche quelle richieste da tifosi particolari, fornitori di servizi, ristoratori, baristi, guardie del corpo, buttafuori e buttadentro. Mi diverte immaginare un fine partita tra il Manchester United e un piccolo club di provincia. Che dà le sue maglie senza chiederne in cambio. “Caro collega, capisco il vostro momento difficile e l’urgenza di contenere le spese. Prendi pure la mia maglia, è un lusso che posso permettermi”. Un lusso che l’amministrazione dello Utd non può più permettersi è la gratitudine per Matt Busby, il mitico allenatore scozzese. C’era una targa allo stadio ed è stata tolta, pare temporaneamente. Definitivamente tolto, invece, il box o palco agli eredi di Busby. «Continueranno ad avere biglietti d’ingresso» ha precisato un portavoce del club. Non ne dubito, magari in piccionaia. Tutto ha un prezzo, non mettiamoci a fare i romantici. Però mia nonna diceva: «Non sempre i più ricchi sono i più signori». Quasi mai, nonna, quasi mai.