Libero, 8 settembre 2016
Facci contro Travaglio e le sue capriole per difendere i grillini
Riassunto. A Roma c’è l’apocalisse politica e allora il blog di Grillo scrive questo post: «L’euro è il problema dell’Europa»; il giorno seguente, dopo migliaia di commenti contro la Raggi, il blog di Grillo scrive: «Il costo per salvare l’euro supera quello per smantellarlo». Intanto il Fatto Quotidiano, mentre a Roma c’è l’apocalisse politica, spara in prima pagina che il sindaco deve andare a casa: ma quello di Milano, Giuseppe Sala. In altre parole, gli elettori e i lettori grillini sono scemi: questo devono pensare Beppe Grillo e Marco Travaglio a fronte della surreale manovra diversiva che hanno messo in piedi. L’euro. Giuseppe Sala. Ora: qui non difendiamo né il primo né il secondo, ma il più rubusto caso di “benaltrismo” degli ultimi anni va registrato.
Lasciamo da parte Grillo, che nel suo partito fa il suo lavoro: il dittatore. Può farlo, lo fa, nessuna novità. Ma farsi battere in comicità dagli stralunati del Fatto è uno smacco mica da ridere. Cioè: quelle dell’assessore Paola Muraro e quelle di Sala sarebbero «due storie gemelle di reati e menzogne, ma si parla solo di una». Di fianco, l’editoriale di un Travaglio in stato confusionale, intitolato «Sala di rianimazione» (battuta), in cui premette che la Muraro si deve dimettere, di passaggio si deve dimettere pure Renzi (si deve scriverlo una volta al giorno: è il nuovo piano editoriale), ma ecco la tesi centrale, quella che tutti avevano sulla punta della lingua: deve dimettersi Sala, che è stato coinvolto in un caso giudiziario e persino indagato (al contrario della Raggi) senza che la notizia abbia avuto la stessa rilevanza sui giornali di regime. Sulla stessa prima pagina peraltro già primeggiavano una battuta di Spinoza e due articoli di Selvaggia Lucarelli e Pietrangelo Buttafuoco: la satira non mancava. Non mancava neppure un pomposo parallelo storico a pagina 5, con Massimo Fini che scriveva: «I 5 Stelle come la prima Lega: accerchiati e sempre sotto tiro», giacché «sin dal primo giorno la giunta Raggi è nel mirino di tutti i giornali e le tv». Manco fosse la giunta, chessò, della Capitale, e che, per la prima volta, ci fossero dei grillini al governo in una metropoli.
Perfetto, cominciamo con le differenze che vedrebbe anche un demente: la Raggi è un sindaco votata da 1.700 persone e piazzata lì da un Politburo a 5 Stelle, Sala ha sconfitto un avversario vero (Parisi) e bene o male ha un passato che gli ha consentito di prendersi dei voti. In secondo luogo, Sala è all’inizio della sua corsa, mentre la Raggi non ha ancora lasciato i box, e i casini di cui si è occupata non sono certo quelli di Roma.
Poi. La vicenda di Sala è questa: in un’autocertificazione firmata da commissario Expo non aveva incluso alcune sue proprietà all’estero. Semplice dimenticanza? A sostegno c’è che le aveva sempre riportate nella dichiarazione dei redditi: da quanto appreso, perciò, si andrebbe verso l’archiviazione penale, con riserva di verificare se c’è da pagare una sanzione amministrativa. Non ci saranno processi. Della faccenda si occupò già tutta la stampa, novità non ce ne sono: ma questa è la storia per cui Travaglio cerca di equiparare i guai della Raggi e quelli di Sala, con richiesta che il Pd mandi a casa il sindaco di Milano. Una dimenticanza su un modulo.
Dall’altra che cosa abbiamo? Senza ripetere tutto: c’è un sindaco immobile che non sembra controllare più nulla, ha delegato troppo, ha nascosto al partito (se è vero) che il suo assessore era indagato non per una dimenticanza su un modulo, ma per traffico illecito di rifiuti, inoltre ha cacciato il capo di gabinetto, vari dirigenti delle municipalizzate si sono dimessi contro di lei, il partito è in catalessi e nessuno comunica nulla. Morale: Travaglio spara in prima che Sala è «indagato e bugiardo», la dimenticanza su un modulo equivale a «una menzogna». Grillo intanto parla dell’euro.