Libero, 8 settembre 2016
E così l’indiano del tentato rapimento inventato è stato espulso
Bene, ora sappiamo che cosa deve fare un clandestino per farsi espellere come la legge prevede. Deve entrare legalmente in Italia adducendo motivi di lavoro, lavoricchiare da ambulante come migliaia di altri extracomunitari, stabilirsi in un paesino dove lo conoscono tutti, essere indiano – come gli zingari sinti – e un pomeriggio intrupparsi con della gente vicino alla spiaggia e mettersi a giocare con una bambina mentre tutti se ne fregano, prenderla in braccio e, senza allontanarsi, farsela riprendere dai genitori presi dal panico, infine andarsene senza protestare e senza che nessuno denunci niente. Durata: 45 secondi. A quel punto deve sedersi in spiaggia e attendere che scoppi l’inferno. Cioè questo: la famiglia deve incontrarlo di nuovo e, infastidita, denunciarlo per sequestro di persona (fino a 30 anni di carcere). Dopodiché deve filtrare la notizia che i giudici lasciano liberi i rapitori di bambini e deve rotolare a valle la palla mediatica, e cioè: articoli, social scatenati, interpellanze parlamentari, Guardasigilli che allertano gli ispettori, magistrati che difendono il giudice, giornali che ci fanno la prima pagina, indiano minacciato di morte, procuratore che spiega che l’indiano è solo un pirla. Soprattutto: bisogna avere il clamoroso culo che il permesso dell’indiano stia per scadere. E mandarlo in un centro di espulsione. E continuare a parlare di un tentato rapimento mai esistito. Ed essere Alfano. Ed espellere l’indiano.