Corriere della Sera, 8 settembre 2016
Politics non è male, scrive Aldo Grasso
La prima cosa bella di Politics è che dura 90 minuti, come una partita di calcio. Le tre ore dei talk politici sono ormai indigeste, maratone per parvenu della discussione. La seconda è che finalmente si può assistere a un dibattito con tre persone (due ospiti e il conduttore) senza che questi necessariamente si menino. La terza è che il ministro Maurizio Martina si è dimostrato più in palla dell’ex ministro Giulio Tremonti.
Politics è il programma d’informazione che prende il posto di Ballarò, su Rai3 (martedì, 21.10). C’era attesa per questa promessa di maggiore stringatezza e minore fumosità, per le domande «serrate» (quelle che non dovrebbero lasciare scampo all’evasività), per la partecipazione del pubblico attraverso i social.
Com’è andata? Così così, ma era la prima puntata e il programma ha bisogno di molto rodaggio, specie nel coordinare le interviste con i servizi filmati stile Ballarò (per ora due corpi estranei). L’ospite più atteso era il grillino Luigi Di Maio, ma non si è presentato (una volta Berlusconi non si presentò da Biagi e il giornalista lesse le domande che gli avrebbe voluto fare creando un effetto straniante molto efficace). Per fortuna al suo posto c’erano Claudio Cerasa e Tommaso Cerno: lucido come sempre il primo, un po’ troppo esagitato il secondo. Qui mi sarei aspettato qualcosa di più da Gianluca Semprini: come «corpo estraneo» alle logiche Rai avrebbe dovuto stupirci di più. Per esempio, una trasmissione che giustamente vuole affrontare la politica in modo diverso dovrebbe eliminare le interviste alla gente comune (non servono a niente, sono piene di banalità, fanno colore e sono altamente manipolabili). Anche la regia, in alcune occasioni, non è stata di grande aiuto: il primo piano di Semprini s’impastava spesso sullo sfondo. Comunque il programma c’è e non può che migliorare. Com’è successo, nel finale, con l’intervista al sindaco di Amatrice.