Corriere della Sera, 8 settembre 2016
Natalie Portman nella mente di Jackie Kennedy
VENEZIA Improvvisamente, la «regina» d’America si ritrovò senza corona. Il dolore di Jackie Kennedy in Jackie del cileno Pablo Larraín, il suo primo film americano (molto applaudito dalla stampa), dopo tanti premi. Pubblico e privato, racconta le due facce di una donna divenuta un’icona, restituite da Natalie Portman. Eppure una delle donne più conosciute al mondo è anche una delle più sconosciute.
22 novembre 1963: il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy viene assassinato a Dallas sulla sua automobile scoperta. Questa è la cronaca minuziosa, dettagliata dei giorni successivi alla tragedia. «Vedo un pezzo del suo cranio volare via, sangue e pezzi del suo cervello sulle mie gambe. Urlai, John, mi senti? Aveva un’espressione meravigliosa sul volto. Sapevo che era morto. Ma queste cose non dovrà scriverle», dice Jackie al cronista che la sta intervistando: è il filo rosso del film. Che cosa succede nella testa di una donna di 34 anni, una First Lady, davanti al proiettile che avrebbe cambiato la sua vita e il destino di un popolo?
«Ho letto tutto quello che potevo – racconta la protagonista —, ho ascoltato le trascrizioni audio delle conversazioni che Jackie ebbe con lo storico Arthur Schlesinger, il suo modo di parlare, che cambiava: in pubblico era fredda, timida, vanitosa, si presentava in modo diverso. Ho provato a entrare nei sentimenti che in quella circostanza prova una persona che è un simbolo: una donna, una madre, una moglie tradita che cerca di pensare a come andare avanti. Era forte e vulnerabile. La credono una stupida che legge pochi libri. Ma resta una donna misteriosa».
Natalie è eterea, Jackie era possente. La somiglianza fisica è poca, malgrado il lavoro sull’accento, i miracoli del trucco, la stessa pettinatura, il filo di perle, l’eleganza classica nel vestire: «Non dovevo essere una caricatura. Non so se è il mio ruolo più difficile: di sicuro è il più pericoloso. Ognuno ha la sua idea su Jackie Kennedy, mi spaventava un possibile confronto tra me e lei, non sono mai stata un’imitatrice. Ho cercato di fare del mio meglio. È vero che lei, dopo una visita a Versailles, volesse dare una nobiltà storica alla Casa Bianca ristrutturandola». Non ha chiesto nulla alla famiglia Kennedy per rispettarne la privacy. Stranamente, Natalie non si sbilancia sulla candidatura di Hillary Clinton, possibile prima presidente al femminile degli Stati Uniti: «Le donne devono poter fare tutto». Per il regista, il film non voleva solo imitare ma creare un’illusione su dolore, bellezza, desiderio. «Non si capisce chi era veramente, e questo lo trovo bellissimo». Il dolore privato si mescola alle priorità della vita pubblica. Ecco la sensibilità di Bob, amatissimo fratello minore di John, che però sbaglia su come far sapere a Jackie che hanno ucciso Lee Oswald, l’assassino del marito; ecco i servizi segreti, dicono che il funerale non può diventare una processione in mezzo alla folla, si attendono 103 capi di Stato, ci sono voci di un attentato a De Gaulle: «Che si infili in un carrarmato, io andrò in mezzo alla gente», taglia corto Jackie; ecco i figli di JFK, Caroline e John, informati dalla madre così: «Qualcosa di triste è successo, papà non tornerà più, un uomo cattivo gli ha fatto del male». La fede che vacilla per la perdita dell’uomo che ami, e le esigenze della politica, di come proteggere la nazione più potente del mondo nel vuoto di potere: «Dobbiamo organizzare il trasloco dallo Studio ovale, oppure pensare al funerale, cosa volete che facciamo prima?», chiede sarcastica Jackie allo staff della Casa Bianca.
Una donna di potere abbagliata dal potere che fulmina Johnson, successore del marito, così: «Che modo orribile di cominciare la tua presidenza».
«Sono cileno, il mio Paese non è legato a questa storia come può esserlo un americano, ma è una storia intrigante», spiega Larraín.
Il regista dice che quando Kennedy morì, sua madre andò da sua nonna e disse: «Hanno appena ammazzato una regina». Non era vero, si trattava del marito. «Jackie era in grado di creare un’illusione di sangue reale. Una regina creata con un’elezione democratica. Sembrava una regina senza trono».