Corriere della Sera, 8 settembre 2016
Vasil, l’albanese alla guida dell’Audi gialla che ha terrorizzato il Nord-Est
Non avevano scelto un’anonima, comune Cinquecento bianca. No: Audi RS4 gialla con targa svizzera. E al volante dello sgargiante bolide da 280 orari, si erano messi a sfidare per un mese polizia e carabinieri in una fuga continua, un po’ alla Fast and Furious. Inseguimenti, posti di blocco sfondati, conflitti a fuoco, corse folli anche contromano in autostrada. E prima delle rocambolesche scorribande, furti e rapine. A gennaio di quest’anno la banda dell’imprendibile Audi gialla era diventata lo spauracchio del Nord-Est, almeno fino a quando non è stata ritrovata bruciata nelle campagne trevigiane di Onè di Fonte.
Ora si scopre chi c’era al volante: è un albanese di trentasei anni dalla fedina non proprio immacolata, dall’identità mutevole e dalle molteplici dimore. Al secolo Vasil Rama, esibiva documenti leggermente contraffatti dove la variante era il nome e la data di nascita: Lulezim, Luli, Lulzim, Lulizim. Gli servivano per evitare un nuovo arresto perché Rama, in Italia dal 2001, ha un curriculum da vero bandito: tre arresti per furti e rapine e altrettante scarcerazioni e pure una condanna definitiva del Tribunale di Bolzano per la quale risultava latitante. Cioè, un nuovo arresto l’avrebbe portato dritto in carcere per un paio d’anni. E, dunque, Rama rubava e fuggiva. Mai da solo. Secondo il pm di Venezia Stefano Ancilotto, lo stesso che si è occupato del Mose, voluto su questa vicenda come segugio per l’allarme sociale provocato, avrebbe individuato anche i due complici albanesi: Shkelzen Malokaj, 29 anni, e Indrit Hanxhari, 33. Il condizionale è d’obbligo perché il gip lagunare Roberta Marchiori ha negato per loro il carcere precisando tuttavia come «non sia infondata l’ipotesi che Rama, Malokaj e Hanxhari (latitanti per la condanna di Bolzano, ndr) abbiano ricostruito nel gennaio 2016 l’antico sodalizio mettendo a segno una serie di imprese per le quali stanno indagando diverse procure». La banda di Rama «colpiva» al Nord, con una predilezione per il Veneto del triangolo Treviso-Vicenza-Padova, ma senza disdegnare proiezioni in Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia. Segni particolari: il furto di auto potenti da usare per le fughe dopo le rapine.
Arrestato lunedì scorso dalla polizia greca a Kristallopigi, paesino ai confini con l’Albania, Rama era infatti già stato sorpreso e arrestato a bordo di una Bmw nel 2003 dai carabinieri di Malcesine, sul lago di Garda, dove sfrecciò davanti alla paletta rossa di un maresciallo dell’Arma. Con lui anche un paio di complici che si sono dileguati a piedi sfuggendo alla cattura. E poi nel 2005, arrestato da altri carabinieri a Cassano Magnago, Varese, alla guida di una Mercedes. L’albanese Rama entrava e usciva di galera. Motivo? Scadenza termini. Dall’Italia poi andava in Francia o in Germania o in Albania e poi di nuovo in Italia, la sua seconda patria, sotto le mentite spoglie di Lulezim o di Luli o di Lulzim. Cambiava nome e così confondeva le idee alle forze dell’ordine che pensavano di trovarsi di fronte a vari ladri e rapinatori. Nel 2011 la procura di Bolzano ha alzato il tiro e ha deciso di indagarlo per associazione a delinquere finalizzato anche alla ricettazione. Da lì, la condanna e l’ennesima fuga da latitante.
L’Audi gialla, rubata a Malpensa, rappresenta la sfida più alta, culminata con sparatorie e una corsa a oltre 200 all’ora per cento chilometri sull’A4 e lo sfondamento della barriera autostradale, incurante di tutto e di tutti, con polizia e carabinieri alle calcagna. Nei giorni seguenti, gli avvistamenti a Ferrara, Mestre, Treviso. A tradirlo il tagliando del pedaggio da lui pagato a Vicenza. Le impronte digitali sono state confrontate con quelle della banca dati delle forze di polizia ed è spuntato il suo nome, l’ultimo. Individuati amici e fidanzata, sono scattate le intercettazioni che incrociate alle testimonianze oculari e al sequestro di indumenti a casa di un parente, la sua ultima dimora, hanno chiuso il cerchio.
Agli agenti greci che l’hanno rintracciato grazie al Servizio di cooperazione internazionale del ministero dell’Interno, Rama ha detto sempre la stessa cosa: «Vasil? Non sono io».