la Repubblica, 8 settembre 2016
Cinque Stelle, il partito sharing
Leggendo le dichiarazioni di Michele Santoro (ma non solo sue) sulla giunta Raggi espressione della destra romana riciclata; e valutando le prime mosse di Appendino, che invece sembra più vocata a dire e fare “cose di sinistra”; viene da fare, sul Movimento Cinque Stelle, l’ipotesi che sia una specie di partito sharing, a disposizione di chi ne ha bisogno. La natura post-ideologica del movimento pareva “corretta”, in origine, da un programma politico di forte impronta ambientalista e antimercatista. Mi domando quanti degli elettori di Grillo sanno che le cinque stelle stanno per acqua pubblica, mobilità sostenibile, sviluppo (anche lui sostenibile), connettività, ambiente. Potrebbero sottoscrivere anche Latouche e Cohn-Bendit. Sicuramente non sottoscriverebbe Nigel Farage. Poi tutto è finito nel brodo ribollente, torbido e indistinto del voto di protesta.
Il vantaggio di un partito post-ideologico è che è in grado di attirare qualunque genere di elettorato. Lo svantaggio è che diventa scalabile da chiunque senza che alcun genere di vaglio politico-culturale possa fare da argine, o da “selezione del personale”. Forse le cautele proprietarie (anche legali) di Grillo e Casaleggio, più che una vocazione autoritaria, rivelavano la loro preoccupazione di potersi ritrovare, un giorno, con il loro prezioso veicolo dirottato, e in fuga verso destinazioni sconosciute.