Libero, 7 settembre 2016
La Merkel vuole convincere a tutti i costi le aziende ad assumere gli immigrati
Dovesse essere confermato, il vertice del 14 settembre tra la Merkel e le grandissime imprese tedesche rischia di essere uno tra i passaggi più delicati per la Germania e per l’Europa. Il deludente risultato alle elezioni in Meclenburgo e Pomerania ha rimesso al centro non solo il destino personale della Cancelliera, ma anche il problema della gestione dei profughi e delle condizioni economiche e di occupazione di larghe fasce della popolazione in relazione ad esso.
Sembra passata un’eternità dall’agiografia di “Mutti” Angela che spalancava le braccia ai profughi di Siria e Iraq perché – diceva – «la Germania è un paese forte e sano», che pratica il dovere dell’accoglienza. Meno di un anno fa apparivano foto di migranti coi santini della leader tedesca, curve degli stadi germanici che davano il benvenuto ai disgraziati siriani, editoriali tesi all’elogio di una statista che non ragiona con gli umori e si fa carico di un milione di persone. «Il risultato di queste elezioni è legato alla politica sui rifugiati: ne sono completamente responsabile», ha riconosciuto Frau Angela dopo il voto regionale di domenica: «Ma sono convinta che le nostre decisioni siano state giuste». Per questo l’incontro di mercoledì prossimo, anticipato intorno a Ferragosto dalla Bild e non smentito dall’esecutivo, sarà posizionato sulla faglia di una scelta politica decisamente scappata di mano: quella dell’accoglienza, appunto.
FLUSSI SELEZIONATI
Che il “dentro tutti” dell’estate 2015 non fosse puro samaritanesimo era piuttosto chiaro, come evidenziato su queste colonne: su spinta esplicita degli industriali, il governo ha di fatto selezionato i flussi migratori premiando quelli che provenivano da fasce mediamente istruite e “borghesi” (siriani su tutti), e scartando accuratamente altri Paesi. Il piano prevedeva né più né meno una massiccia immissione di forza lavoro a buon mercato, innescando una pressione al ribasso sui salari. È una dinamica che a Berlino e dintorni funziona da parecchio tempo: le famose riforme Hartz (2003-2005, dal nome dell’ex responsabile risorse umane della Volkswagen che corrompeva a suon di prostitute i vertici sindacali dell’azienda), fatte sforando i parametri di Maastricht, hanno comportato una massiccia dose di sussidi alle imprese (e quindi di aumento della spesa) volti ad abbassare il costo del lavoro. Una poderosa flessibilizzazione del mercato dell’occupazione che ha fatto diventare più competitivo il sistema a danno dei Paesi vicini, complice la moneta unica che lasciava una sola strada agli altri per reggere il colpo: tagliare a propria volta i salari. Solo che, semplificando un po’, la Germania l’ha fatto in tempi di crescita; farlo in periodi di magra comporta spiacevoli conseguenze politiche e sociali. Oggi lo schema si ripete con la variabile dei migranti, ma qualcosa nel frattempo si è spezzato. “Wir zusammen” (Noi insieme) è il nome del progetto teso all’inclusione e all’integrazione delle centinaia di migliaia di profughi accolti nel 2015: un programma che ha previsto, tra l’altro, la sospensione del “diritto di precedenza” per i titolari di passaporti europei nell’ingresso nel mercato del lavoro. Solo che, mentre molte pmi hanno sfruttato questa iniziativa, le grandi e grandissime aziende che la Merkel vuole incontrare hanno fatto scelte diverse, e secondo alcuni calcoli sarebbero poche decine i richiedenti asilo assunti dai grandi gruppi e dai giganti quotati in Borsa. Tra le cause probabili c’è il fatto che i maggiori gruppi del Paese preferiscono probabilmente pescare i migliori sul mercato, e – potendo – è abbastanza logico che privilegino connazionali, per ovvie ragioni di praticità, esperienza, lingua, cultura, competenze: fattori che, malgrado tutto lo sforzo per farlo dimenticare, hanno ancora il loro peso.
OFFERTE PERSUASIVE
Anche per questo l’incontro del 14, che dovrebbe vedere convocati i vertici di Volkswagen, Siemens, Opel, BMW e altri colossi con fatturati da decine o centinaia di miliardi di euro l’anno, sarà un bilancio dell’attuazione di questo programma. Solo che, a meno di un mese dall’annuncio della Bild, il problema è politicamente esploso, perché anche all’interno del governo le posizioni sono tutto meno che univoche, e perché Cdu e Spd perdono voti. È prevedibile che il pressing della Cancelliera sulle aziende debba essere accompagnato con offerte molto persuasive, anche e soprattutto in termini economici, ma il collo di bottiglia comincia a stringersi. Gestire i rifugiati senza dilapidare né risorse e né consensi (dando l’impressione di penalizzare i tedeschi in avvio di campagna elettorale), per di più con un’Europa sempre più sull’orlo della disgregazione, sta diventando un’impresa forse troppo grossa perfino per la Merkel.