La Stampa, 7 settembre 2016
Sessanta dollari, il prezzo giusto del petrolio secondo l’Iran
Svolta nella posizione dell’Iran in vista del congelamento della produzione di petrolio. Il ministro dell’Energia, Bijan Zanganeh, ha incontrato a Teheran il segretario generale dell’Opec, Mohammed Barkindo, e dopo il colloquio ha detto in tv che «l’Iran vuole un mercato stabile del petrolio, e quindi ogni misura che aiuti la stabilizzazione del mercato sarà sostenuta dall’Iran». Dopo il pre-accordo fra Russia e Arabia saudita sembra che dal Forum internazionale dell’energia che si terrà ad Algeri fra il 26 e il 28 di questo mese possa uscire un’intesa.
Con quale obiettivo, di preciso? Bloccare o tagliare la produzione serve a sostenere le quotazioni del barile e il ministro Zanganeh ha dichiarato che Teheran «ritiene giusto un prezzo del petrolio di 50-60 dollari al barile», sufficiente a remunerare i produttori tradizionali ma non quelli di «shale oil», il greggio alternativo che ha invaso il mercato.
L’adesione dell’Iran a un qualunque accordo di congelamento della produzione è fondamentale perché il Paese finora lo ha rifiutato anche solo in linea di principio: finite le sanzioni internazionali, Teheran vuol tornare rapidamente ai livelli precedenti e non accetta di legarsi le mani.
Anche l’Iraq, secondo produttore di petrolio nell’Opec dopo l’Arabia Saudita, si dice pronto a congelare la produzione se un accordo sarà raggiunto ad Algeri. Anzi il Paese è disposto a tagliare. Il ministero del Petrolio di Baghdad fa sapere che l’Iraq può limitare la produzione a 4,075 milioni di barili al giorno, rispetto ai 4,638 milioni del mese di agosto. «Sosterremo ogni iniziativa che serva a sostenere i prezzi» ha detto un portavoce, riecheggiando le parole del ministro iraniano. Baghdad ha precisato che la quota proposta si riferisce alla produzione di tutto il Paese, compreso il Kurdistan autonomo.
Certo immaginare un accordo globale sulla produzione del petrolio, dopo anni di anarchia, sembra difficile, considerando l’ostilità, al limite della guerra guerreggiata, che contrappone Iran e Arabia Saudita. Ma anche i peggiori nemici possono convincersi che un compromesso conviene.
Ieri il prezzo del petrolio è rifluito, dopo il balzo della vigilia dovuto all’accordo fra Russia e Arabia Saudita. Il ribasso può essere dovuto a prese di beneficio oppure al dubbio che l’intesa, in fin dei conti, sia scritta sulla sabbia. Ma, nel complesso, serpeggia un certo ottimismo sulla possibilità che l’Opec e gli altri protagonisti del mercato petrolifero mondiale trovino un accordo.