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 2016  settembre 07 Mercoledì calendario

Arrestati i sette anarchici che spedirono i pacchi bomba a Cofferati e Chiamparino

Ci sono anarchici che amano «sentire sulle proprie mani e nel proprio cuore il calore del fuoco e della rivolta» e altri che fanno «letteratura, intellettualismi, facili slogan da volantino». È in questo scontro ideologico tra militanti che affondano le radici della violenza anarchica maturata negli ultimi anni a Torino, in chi ha scelto di mettere da parte gli «intellettualismi» per stringere legami «con compagni di lotta» in Spagna, Germania, Grecia, e poi confezionare pacchi bomba da inviare a politici, imprenditori, uomini dello Stato o farcire di chiodi ed esplosivi pentole a pressione e farle esplodere nelle vie della Crocetta, uno dei quartieri più esclusivi della città. 
Dopo anni di indagini, pedinamenti, intercettazioni, ieri la Digos di Torino, con il coordinamento del Servizio Centrale Antiterrorismo di Roma, ha notificato 7 misure cautelari in carcere con l’accusa di associazione eversiva e terroristica, a firma del gip Anna Ricci. Altre 8 persone sono indagate. Un’operazione complessa, che ha coinvolto le ramificazioni del Fai, la Federazione Anarchica Informale, in Piemonte, Liguria, Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Sardegna, Abruzzo, Campania e Umbria. Trentasette le perquisizioni. Tra i destinatari del provvedimento ci sono Alfredo Cospito, 49 anni, e Nicola Gai, di 39, condannati in via definitiva, rispettivamente a più di 9 e 8 anni di reclusione, per la gambizzazione nel maggio 2012 di Roberto Adinolfi, l’ad dell’Ansaldo Nucleare. Con l’operazione è finita in carcere anche la compagna di Cospito, Anna Beniamino, 45 anni, figlia di un noto antiquario di Sanremo, esperta di tatuaggi, con un negozio nel quartiere di San Salvario a Torino, diventato poi base del Fai/Fri, dove veniva confezionati documenti di rivendicazione. Tra gli indagati c’è l’artificiere, l’esperto di trappole esplosive, Stefano Gabriele Fosco, la sua compagna Elisa Di Bernardo, Patrizia Marino, torinese.
Per capire quando germoglia il seme della Federazione Anarchica Informale (poi anche internazionale, sigla Fai/Fri), bisogna fare un salto di 19 anni, al 1997. In quell’anno l’area insurrezionale torinese, già molto attiva in Piemonte, si trova reduce di un’ondata di arresti disposti del pm di Roma Giovanni Marini. È una sintesi tra le idee del rivoluzionario-filosofo Alfredo Maria Bonanno e la prassi di Azione Rivoluzionaria, un frammento nato dalla disgregazione di Brigate Rosse e Prima Linea. Il 20 giugno 1997, in casa di un noto anarchico torinese, viene trovato il testo-base della Fai. Titolo: «Prospettive operative comuni contro la repressione dei compagni…», in cui torna alla ribalta l’idea del «partito militare». È Alfredo Cospito, nato in una famiglia medio borghese di Pescara, emigrato prima in Val d’Aosta e poi a Torino, a spiegare bene il concetto: «…Non aborriamo affatto ogni ipotesi o progetto di banda armata…». Anni dopo, una passante morirà in un attentato Fai/Fri a Parigi e lui dirà: «È accettabile che nell’azione possano morire persone estranee. È lo Stato l’unico responsabile di queste morti». È in quegli anni che due anarchici, Edoardo Massari e Soledad Rosas si suicidano dopo gli arresti, infiammando i cuori degli anarchici piemontesi. Da qui si consolidando i legami con i «compagni» stranieri, tra cui l’ideologo del partito armato Gabriel Pombo Da Silva, spagnolo. Ma anche con gruppi greci, austriaci, francesi, russi, e quelli italiani del Nord Ovest e il centro Sud. Ma è solo nel 2003 che si costituisce un’organizzazione orizzontale in diverse regioni italiane, decisamente votata al terrorismo. Ciò in contemporanea con l’esplosione di due ordigni collocati vicino all’abitazione di Romano Prodi, all’epoca presidente della Commissione Europea. Poi è un crescendo di episodi e rivendicazioni. La Digos, coordinata dal pm Roberto Sparagna, ha ricostruito l’attività del gruppo, attribuendo una serie di attentati o spedizioni di pacchi bomba, sull’onda della lotte contro la gestione dei centri di permanenza per stranieri. Si ricostruisce il percorso dei pacchi bomba a Sergio Chiamparino, all’ex sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, e al questore di Lecce. Ma anche le bombe alla Crocetta e alla scuola allievi carabinieri di Fossano.