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 2016  settembre 07 Mercoledì calendario

L’altro corpo dello sport, domani iniziano le paralimpiadi

Non sono una faccia diversa, ma l’altro corpo dello sport. E un pezzo della nostra società che vuole anche lei giocare. E chiede e pretende azione, rispetto, dignità. Non hanno bisogno di pietà, ma solo di occasioni, di città, paesi, architetture che non siano ostacoli alla loro voglia di vivere.
I Giochi Paralimpici che s’inaugurano oggi a Rio hanno storie, passato, futuro. Non sono una verità nascosta dello sport, ma un suo aspetto molto funzionante nella straordinarietà dei Giochi (un po’ meno nella normalità della vita quotidiana). Quattro anni dopo Londra non c’è più la stella Oscar Pistorius e non c’è più la delegazione russa. Pistorius, l’uomo senza gambe, oggi in prigione per omicidio, è stato la stella mediatica che ha convinto il mondo e l’atletica al suo diritto (anche legale) di poter correre con gli altri. È stata la faccia conosciuta di una disabilità che non si viveva come tale e che chiedeva parità di trattamento, una corsia alla luce del sole, non clandestina e in ombra. Intanto pensavano che con Pistorius ridotto a un violento qualunque, che spara alla sua ragazza, il movimento paralimpico sarebbe lentamente affondato nel silenzio, visto che il suo eroe lo aveva trascinato nel fango. Invece Pistorius era solo una storia, ma non la storia. E forse anche l’illusione che certe mancanze possono essere riempite da gloria, celebrità, successo. E invece le ferite rimarginate stanno lì a ricordare che c’è stato un taglio violento. Con danni collaterali che restano.
La stessa assenza della Russia, squalificata per doping, nel rapporto McLaren erano citati anche alcuni disabili, prova che il movimento paralimpico è fatto della stessa pasta dell’altro: competitività, voglia di affermazione, sacrifici e qualche imbroglio. Non esistono i buoni e i cattivi. Esistono atleti che si sacrificano, che cercano l’eccellenza, che si organizzano, che vogliono molto e altro. Che cercano nello sport non solo un benessere fisiologico, ma una sfida, quel sogno che ti permette non solo l’indipendenza, ma anche l’andare oltre. Alex Zanardi è un bravissimo commentatore televisivo di storie, Giusy Versace ha presentato la Ds. Per tutti e due questi saranno gli ultimi Giochi, con la differenza che Alex deve difendere il suo titolo, mentre Giusy a 39 anni, ci arriva per la prima volta. Correrà i 400, dove ha più possibilità, 200 e 100. «Mi sono allenata bene tutto l’anno, ma ora sono un po’ tesa perché ci tengo a fare bene». E chissà se un titolo la farà continuare fino ai mondiali di Londra dell’anno prossimo.
L’Italia ha una squadra capitanata dalla fortissima portabandiera Martina Caironi, sprinter bergamasca, la prima ad abbattere il muro dei 15” sui cento metri, e dai nuovi italiani: russi, cubani, albanesi, rumeni, congolesi, tunisini. Segno che lo sport una possibilità in più riesce a darla. Poi ci sono quelli e quelle che hanno già dato battaglie altre volte: Vio, Camellini, Morlacchi, Porcellato, Legnante. Perché come diceva (e scriveva) Giuseppe Pontiggia i disabili non lottano per essere come gli altri, ma per essere se stessi. Buoni Giochi.