la Repubblica, 7 settembre 2016
L’assenza dalla rete è un lusso per pochi
Il fatto che in Francia si sia deciso di stabilire per legge un “diritto alla disconnessione” al di fuori degli orari di lavoro dovrebbe farci riflettere. Quel “diritto” parrebbe infatti talmente naturale da non necessitare di alcuna norma che lo sancisca. Le cose, nei fatti, sono più complicate. La connessione di tipo compulsivo viaggia nei due sensi: è sollecitata dall’esterno che bussa alla nostra porta ma al tempo stesso è cercata con tenacia da noi stessi, come se avessimo il timor panico dell’isolamento. Con effetti tra il comico e il patologico. Una signora con la quale ho rapporti di lavoro mi ha scritto questo sms: “Perché non ha risposto alla mia mail?”. Dispiaciuto di una mia eventuale distrazione, le ho domandato, sempre per sms, quando me l’aveva mandata. Mi ha risposto: “Un’ora fa”. La signora non aveva valutato l’eventualità che io, per un’ora filata, non avessi consultato la mia posta. Dev’essere di quelli che ogni cinque minuti – al massimo – frugano nello smartphone per sapere chi li cerca, e cosa vuole da loro. Non concependo la propria assenza come una possibilità, non concepiscono nemmeno l’assenza altrui. L’assenza sta diventando un lusso per pochi – come il silenzio. In forte sospetto di snobismo. Ma guarda quello, che non guarda lo smartphone da un’ora: chi si crede di essere?