Corriere della Sera, 7 settembre 2016
V sta per Ventura e Veratti, ma anche per vittoria e vendetta
Alessandro Bocci per il Corriere della Sera
Il momento più brutto è stato anche il più bello. Gian Piero Ventura ha scoperto l’Italia quando Chiellini, sciaguratamente, l’ha lasciata in dieci e gli azzurri sembravano in balìa di Israele. Spirito di gruppo e sostanza. «Se siamo squadra possiamo giocarcela contro chiunque», il grido di battaglia del nuovo allenatore dopo una settimana passata dentro la centrifuga e aver rischiato di cominciare con il piede sbagliato la corsa al Mondiale 2018.
Buffon, capitano e coscienza del gruppo, indica la via e lancia un avvertimento: «Dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti, senza lo spirito gladiatorio non riusciamo a fare pari con le più forti. Bisogna aver voglia di sudare e lottare». Sporchi e cattivi, a dispetto della maglia bianca di ordinanza.
Ventura cerca di smarcarsi dal passato, ma nell’ultima mezz’ora in Israele abbiamo rivisto la Nazionale dell’Europeo. Non nel gioco e neppure nell’atteggiamento aggressivo. Ma tenendo botta, sbandando e sbuffando.
Una squadra da battaglia. Difesa e contropiede, come nella tradizione. Lo spirito di gruppo dovrà animare la campagna di Russia. «Tra un mese sarà diverso perché i ragazzi avranno più partite nelle gambe», dice l’allenatore che ha evitato la prima trappola di un girone complicato.
Ventura avrà il tempo per studiare la situazione e un pelo di esperienza in più nel ruolo: guarderà partite e visionerà giocatori, studierà l’Italia più adatta per fronteggiare la nuova Spagna del basco Lopetegui. Valuterà anche la ripresa di Berardi e la possibilità di anticipare i tempi della rivoluzione tattica, dal 3-5-2 al 4-2-4 per valorizzare gli esterni di qualità. L’impressione è che non sia ancora arrivato il momento. Piuttosto serve ritrovare in fretta la solidità difensiva che era l’anima del contismo, aumentare il ritmo, sfruttare meglio gli inserimenti dei centrocampisti. Qualcosa già funziona. Rispetto all’Europeo c’è un Verratti in più nel motore, un gigante in mezzo al campo. Il suo ritorno, a distanza di quasi un anno per via dell’infortunio e dell’operazione al pube, va oltre ogni aspettativa considerando che il francesino ha giocato appena due partite da titolare negli ultimi sei mesi. E Pellè, chiamato solo perché Zaza ha vissuto un’estate tormentata a causa del mercato, è un centravanti da tenere in seria considerazione. I numeri parlano per lui: due gol su due nel nuovo corso, 9 in 19 partite in assoluto. Nessuno, negli ultimi anni, ha mantenuto una media realizzativa così alta in Nazionale.
Anche Ventura deve fare un salto di qualità, liberandosi del passato, senza inseguire fantasmi. Ieri lo abbiamo visto sorridere dopo giorni cupi. Ci ha dato l’impressione di subire l’Italia, invece di cavalcarla. La squadra è con lui, lo certifica il modo in cui è rimasta attaccata alla partita prima ancora delle parole di Buffon: «L’allenatore ci sta dando certezze e conoscenze. Però tocca a noi giocatori. Se non ci mettiamo del nostro non andiamo da nessuna parte».
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Paolo Tomaselli per il Corriere della Sera
V come Verratti. E come vittoria: piccola o grande che sia, quella ottenuta dall’Italia in Israele è stata nel segno anche di Marco da Manoppello, il ragazzo che ha conquistato la Parigi calcistica e che vive una storia d’amore tormentata con la Nazionale: «Sì, ho dato tutto: non giocavo una partita intera da febbraio e avevo paura di non avere il ritmo giusto. Ma la maglia azzurra mi dà la forza e la voglia di andare oltre al limite: la prossima partita farò ancora meglio, altrimenti tutti diranno subito che non sono da Nazionale. Essere discusso mi spinge a dare sempre di più, è uno stimolo e lo dico con serenità: a me basta avere la fiducia dell’allenatore e dei miei compagni, poi gli altri possono avere la loro opinione su di me. Io quando gioco male lo so e mi serve da lezione. L’unica cosa sicura è che do sempre il 100 %».
V come voglia, quindi. Perché Verratti aveva giocato 11 mesi fa a Baku fa la partita decisiva per la qualificazione all’Europeo, poi per la pubalgia aveva saltato le amichevoli di primavera e a maggio, poco prima delle convocazioni di Conte, aveva deciso di operarsi. Ad Haifa è tornato titolare dopo lo spezzone giocato a Bari da mezzala destra e lo ha fatto da regista nel 3-5-2 di Ventura. Considerato che in Francia era assente anche Marchisio per infortunio, che nel ruolo si erano alternati De Rossi e Motta e che contro la Germania in piena emergenza è stato utilizzato Parolo, il ritorno da leader di Verratti in quel ruolo potrebbe rappresentare una svolta. Come testimoniano sia l’attitudine alla lotta davanti all’area («Mi piace dare una mano in difesa») che la capacità di gestire i palloni più delicati: «Questo ruolo? È perfetto – sorride Marco – ma la verità è che a me basta giocare, la posizione poi la deciderà l’allenatore».
V come visione, allora. Perché quando il Psg ha chiamato il ragazzino che faceva i numeri nel Pescara di Zeman in B, molti gli hanno detto: «Ma dove vai?». «E me lo sono chiesto anch’io». Ma Leonardo e Ancelotti avevano visto le potenzialità e i margini di crescita di Verratti, che oggi è il giocatore italiano più ricco (contratto fino al 2021 da 7 milioni l’anno). All’ombra di un monumento come Ibrahimovic, lui è riuscito a coltivare il suo talento, basato soprattutto su una peculiarità: la capacità di rischiare, di forzare cioè i passaggi per velocizzare la manovra. Un aspetto che gli è costato, forse assieme a quest’aria scanzonata che a volte può sembrare strafottente, un supplemento di scetticismo.
Ma cos’è il rischio per Verrattino? «Qualcosa che riguarda mestieri più delicati del nostro – ha spiegato in passato in un’intervista al Corriere —: non credo che lo sia un dribbling al limite dell’area. Vivo il calcio soprattutto come un divertimento e se mi devo preoccupare di quello che mi dicono e fare il compitino, allora può darsi che mi passi pure la voglia di giocare». Se Marco fosse rimasto nel calcio italiano, invece di emigrare, chissà dove sarebbe: V come via di fuga. Per tornare nel cuore dell’Italia, da protagonista.