Libero, 6 settembre 2016
Cara Virginia, sei un bravo avvocato. Torna da Previti
Virginia Raggi è una brava ragazza, si vede. Non è simpaticissima e l’essere dimagrita così tanto causa nervosismo da carica non le dona, ma è sempre meglio di Ignazio Marino. Certamente è anche un valente avvocato, specie se si guarda alla parte del curriculum che ha tenuto nascosta per farsi eleggere dai giustizialisti a Cinquestelle. Per questo ci sentiamo di darle un consiglio: torni alle origini, allo studio Previti, perché come sindaco di Roma non ce la può più fare; in grande misura perché ormai è troppo compromessa dalla cattiva sorte, un po’ anche perché si ha sempre più la sensazione che non sia all’altezza. L’abbiamo a nostro modo trattata con simpatia, quindi possiamo dirlo da un pulpito più credibile di quello di Giachetti, che ieri la attaccava, come se lui non fosse il candidato del partito, il Pd, che ha davvero distrutto la Capitale. Gli smemorati fenomeni che non fanno altro che tacciare il sindaco di inadeguatezza possono farlo soltanto perché, quanto a inadeguatezza, sono un’autorità nazionale e perché evidentemente mancano di civico senso del pudore. Viriginia non ha tutte le colpe dello sfacelo romano, anzi probabilmente ne ha proprio pochine, ma in questi due mesi e passa da che è stata eletta ha inforcato una serie di magre ed errori che neppure Crocetta o De Magistris. Ha le spalle troppo strette per caricarsi il ruolo di simbolo nazionale della capacità di governo grillina, e anche per reggere quello di terminale di tutte le contraddizioni dei Cinquestelle, i cui nodi stanno venendo al pettine. Primo, quello della scelta dei candidati. La Raggi è stata eletta da 600mila persone ma scelta solo da tremila, tanti sono i voti raccolti nelle primarie in rete, quindi è evidente che la presa del Campidoglio è opera del Movimento e non sua. Di conseguenza tutti i grillini romani, che sono particolarmente numerosi e litigiosi tra loro, si sentono in diritto di dire la propria e strattonarla. E lei non regge, perché non ha elettorato proprio, gavetta, competenza né forza politica. Quando si è scoperto che l’assessore all’Ambiente che aveva scelto, la Muraro, è indagata fin da prima della sua nomina, la Raggi ha risposto di aver informato il partito, un po’ come aveva fatto Rosa Capuozzo, la sindaca di Quarto che i grillini avevano costretto alle dimissioni per le presunte pressioni della camorra. Peccato che il partito, dalla morte di Casaleggio, non si sa bene cosa sia. Per salvarsi, Virginia guarda in alto ma è proprio dall’alto e dalla mancanza di una leadership riconosciuta e condivisa che arrivano i suoi problemi. Cinquestelle è un partito nel marasma e non può tutelarla. Se non fosse una bambolina, saprebbe cavarsela da sola, direbbe il governatore campano De Luca. D’altronde, lo scandalo Muraro è più politico che giudiziario. Le telefonate non penalmente rilevanti con Buzzi, la consulenza di 12 anni pagata meno di altre, lo stesso reato ambientale che le si contesta, consentirebbero a un sindaco vero di difendere il suo assessore. Ma non può cavarsela da sola, perché ogni volta che agisce da sola si complica la vita. Il nuovo assessore al Bilancio che ha scelto, De Dominicis, ha candidamente confessato di essere stato arruolato «dall’amico Sammarco», ossia il titolare dello studio legale nel quale la stessa Raggi aveva lavorato. Il tutto mentre l’ufficialità grillina si affannava a far passare la versione della scelta collegiale e condivisa con tanto di foto di Virginia che vaglia i curricula con i collaboratori. Per di più, De Dominicis in meno di due giorni si è affrettato a rilasciare dichiarazioni deliranti da giustiziere della notte e ha subito detto di essere favorevole alle Olimpiadi, a differenza del sindaco. Pessima pesca. Per risolvere la questione dello stipendio troppo alto del capo di gabinetto Raineri, si è affidata a Cantone, il procuratore preferito da Renzi, che casualmente ha dato parere negativo innescando la girandola delle cinque dimissioni per cui ora tutti la deridono. Pessima scelta (e anche ingenua). Ma quella carica evidentemente non le porta fortuna, visto che sulla poltrona di capo gabinetto Virgina ha ingaggiato la sua prima lotta politica. Lei voleva l’amico Frongia, tutti gli altri no. Braccio di ferro naturalmente perso. Pessimo esordio. Infine, sulla Muraro ha inscenato un balletto di mezze bugie, dichiarando prima di ignorare che l’assessore fosse indagata, salvo dire poi di avere informato il direttorio romano. E per aver mentito già il Pd le chiede di dimettersi. Se si dimettessero tutti i politici non sinceri, nel Parlamento e al governo ci sarebbero più sedie vuote che piene. Ma sono la stupidità e l’approssimazione della menzogna che non le si possono perdonare. Pessima bugiarda, quindi pessima politica.