Corriere della Sera, 4 settembre 2016
L’Australia ha la sua prima deputata aborigena: «Mi dicevano che ero l’anello di congiunzione con l’età della pietra»
Più che il canto in lingua Wiradjuri e il mantello in pelle di canguro, Linda Burney ha portato in Parlamento la forza variopinta delle sue parole. «In quest’aula cercherò di essere gentile. Ma sfoggerò anche lo spirito combattente del mio popolo».
Certo, fanno impressione (e folklore) i segni delle sue origini, il profilo di animali orgogliosamente esibiti: il totem del clan (il varano) e il suo personale (il cacatua bianco, l’«uccello messaggero») in bella mostra sulla tradizionale «stola». Ma la prima «indigena australiana» eletta alla Camera dei Deputati di Canberra (per il partito laburista), fin dal suo primo discorso, ha usato i simboli del passato per illuminare il futuro, promettendo di battersi per l’uguaglianza senza per questo restare imprigionata negli stereotipi, anzi denunciando l’«approccio paternalistico» spesso usato quando si tratta di «aboriginal affairs». «Quando sono nata, il governo sapeva quante pecore ci fossero in Australia ma non conosceva il numero degli Aborigeni. Nei miei primi dieci anni di vita sono stata una non-cittadina. Immaginate una ragazzina di 13 anni che a scuola sente parlare della sua gente come dell’anello di congiunzione con l’età della pietra. Mi dicevano che per via dei limiti della mia razza non avrei mai raggiunto i risultati degli altri bambini».
Linda Burney (e l’Australia) hanno fatto molta strada dall’epoca in cui le pecore avevano più diritti degli aborigeni. Linda aveva la mamma bianca, e il papà no: «Sono cresciuta senza conoscere metà della mia famiglia. Ho incontrato per la prima volta mio padre, Nonny Ingram, a 28 anni. Le sue prime parole: “Spero tu non sia delusa”».
Oggi i matrimoni misti sono la norma: il 74% degli aborigeni è sposato con una persona di altre radici. Burney è stata eletta nel collegio di Barton (il nome di un primo ministro razzista) che è uno dei più multietnici del Paese. Per oltre un decennio ha fatto politica nel New South Wales, dove vivono quasi 150 mila degli oltre 517 mila aborigeni australiani (circa il 2,5% dell’intera popolazione). Ha due figli. Nel suo primo discorso al Parlamento nazionale ha ricordato il marito Dick Farley, attivista dei diritti civili scomparso nel 2006 a 53 anni («Senza di lui il mondo è meno bello»).
Su 150 deputati, ora l’Australia ha due rappresentanti aborigeni. Prima un uomo. Adesso anche una donna. Kenneth Wyatt, originario di Perth, è in Parlamento dal 2010 (coalizione di centro-destra). Burney è all’opposizione. Per il suo primo intervento c’è stata una deroga al protocollo: nella galleria del pubblico, tra le donne con il manto in pelle di canguro, un’amica di Linda ha potuto intonare una canzone in Wiradjuri. Rito e sostanza: la deputata ha ricordato che gli indigeni soffrono di povertà e malattie in percentuali molto più alte della media. Ha denunciato i tentativi di alcune componenti della maggioranza di «annacquare» la legge sulla Discriminazione Razziale. E ha spronato i giovani a non rassegnarsi: «Se io sono qui, vuol dire che tutti possono farcela. Non permettete a nessuno di dirvi che ci sono limiti nella vostra vita».
Giovani e antenati. L’ex «bambina dell’età della pietra» nel suo discorso ha ricordato due aborigeni, Nangar e John, che nel 1927 dalla Brungle Mission (dove è cresciuto suo padre) camminarono una settimana per vedere l’inaugurazione del nuovo Parlamento. La polizia li voleva allontanare. Ma la folla insorse: Nangar e John rimasero come spettatori, nel luogo dove, quasi 90 anni dopo, una loro discendente è entrata per la prima volta dalla porta principale.