Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 04 Domenica calendario

Sul giovane Papa di Sorrentino che fuma, beve Coca-Cola alla ciliegia e non crede in Dio

Eugenio Morreale per la Repubblica
Si rimane spiazzati davanti al papa giovane della miniserie di Paolo Sorrentino. In anni di pontificato sociale e di ritorno all’umiltà, il film propone una figura inclassificabile, che non è nemmeno quella ratzingeriana o wojtiliana, ma una fantasia del tutto personale, cui è difficile attribuire un referente anche indiretto nella storia di oggi.
Il giovane cardinale americano Lenny Belardo (Jude Law) è stato appena eletto Papa, ma nessuno lo conosce davvero, e il suo arrivo prende tutti di sorpresa. Autoritario, imprevedibile, altero, maltratta ogni sottoposto e governa da subito con pugno di ferro. Non sembra avere punti deboli nel presente e nel passato, e si serve di una diabolica finezza psicologica e del proprio carisma per ridurre tutto al proprio disegno. Anche il suo uso dei media è sottile: via il merchandising e la paccottiglia, ritorno a un’essenzialità quasi iconoclasta. Perfino la sua immagine dovrà essere nascosta, e la prima omelia la farà in silhouette, sagoma nera invisibile ai fedeli. Comunicare attraverso la lontananza, allontanare la chiesa dai fedeli e puntare sulla soggezione.
L’inizio del pilot sembra una sorta di teaser del cinema di Sorrentino: sogni, visioni, carrelli avanti in soggettiva con gli astanti che guardano in macchina. Poi ci si trova davanti a qualcosa di piuttosto diverso, una commedia del potere in cui ha spazio soprattutto il talento di sceneggiatore e dialoghista dell’autore. Le batttute sentenziose che appesantivano Youth qui sono invece precise e leggere, facendo progredire per piccoli tocchi la descrizione dei personaggi. Su tutti la suora che aveva cresciuto il giovane Lenny in seminario (Diane Keaton) e soprattutto il cardinal Voiello (Silvio Orlando): un rappresentante del vecchio potere, una specie di versione porporata del Divo Giulio, che dietro il cinismo crede però ancora in Dio o almeno nella Chiesa (infatti chiede perdono per quello che sta per fare a maggior gloria di essa), mentre il nuovo Papa è oltre tutto questo.
Sorrentino è un regista ateo, come lo era il Moretti di Habemus Papam (cui questo lavoro sembra a tratti debitore, compresa una partita di calcio tra suore al ralenti che richiama la pallavolo tra preti). Certo lo attrae la superficie del glamour vaticano, le porpore, i cappelli, le stanze. Ma soprattutto, come è in molta serialità moderna (dai Soprano a
Game of Thrones) il tema vero è il potere e il suo mantenimento. Ma se manca l’elemento del sacro, sembra lontano anche il fascino degli arcana imperii, i sotterranei del Vaticano. Siamo lontani anni luce da Dan Brown: non sembra esserci nulla di sinistro in questi giochi di potere, solo una stanchezza diffusa e cinica.
Queste le prime impressioni, suscitate da un piccolo assaggio di The Young Pope (a Venezia si sono viste le prime 2 puntate su 10 totali). Lasciati in asso da un discorso-shock del pontefice, viene la curiosità di seguire il resto. Molte piste vengono aperte. L’enigma al momento, non solo per gli altri personaggi ma anche per lo spettatore, è proprio la figura centrale, questo Papa reazionario e postmoderno che è in fondo anche un regista, che impone la propria visione con la forza e non col compromesso. Chi è davvero? Qual è il suo scopo? E poi: rappresenta qualcos’altro? L’America, un nuovo potere che scaccia il vecchio? Un fondamentalismo che supera la visione cattolica del potere e della morale? Davvero non crede in Dio, come cinicamente proclama? O invece è paradossalmente un santo, come qualcuno insinua a un certo punto?

***

Arianna Finos per la Repubblica
Un papa che fuma, adotta un canguro, indossa infradito bianche e beve Coca cola alla ciliegia. Piccole eccentricità di un giovane pontefice, Jude Law, a cui si affiancano prese di posizione forti sulle più grandi questioni della Chiesa. Alla Mostra si sono visti due dei dieci episodi di The Young Pope. E questo assaggio di film lascia grande ambiguità sulla natura conservativa o innovatrice del papa incarnato da Jude Law. Interrogato sulle possibili reazioni della Santa Sede, Sorrentino replica: «Cosa penseranno in Vaticano? Problemi loro...chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo capirà che non si tratta di sterile provocazione né una forma di pregiudizio o intolleranza nei confronti della Chiesa, ma il tentativo onesto e curioso di indagare le contraddizioni, le difficoltà e il fascino del clero. Cardinali, sacerdoti, suore e un prete diverso da tutti gli altri che è il papa».
Un papa, il suo Pio XIII, che al contrario di papa Francesco sceglie di avvolgere la sua immagine nel mistero: «Il nostro pontefice è diametralmente diverso da quello attuale, ma questo non significa che non possa essercene uno anche in un futuro prossimo. È illusorio pensare che la Chiesa abbia imboccato un percorso verso la liberalità, anzi è verosimile che dopo questo Papa ne venga uno di segno contrario». Nel ricco cast ci sono Diane Keaton, Javier Camara, Silvio Orlando, cui spetta il ruolo dell’antagonista. «Ringrazio la mezza dozzina di dialogue coach che ho sterminato in questa esperienza e chi mi ha accompagnato in questa avventura da cui sono uscito vivo », scherza Orlando.
Sette minuti di applausi alla proiezione per il pubblico, The Young Pope ha convinto, con poche eccezioni, la stampa italiana e internazionale, a partire da Variety e The Hollywood Reporter. Gli americani non possono resistere all’accostamento con altre serie come House of cards e Mad Men. Per gli italiani si tratta di puro immaginario sorrentiniano, compreso quell’umorismo che il regista sfodera a proposito di Higuain, attaccante passato dal Napoli alla Juve: «La chiesa si occupa con una certa frequenza di fede e tradimento, mantenere Higuain con la maglia del Napoli aiuta a ricordare questi due concetti».