la Repubblica, 4 settembre 2016
Trovato il deejay che picchiava la gente per strada a Milano. Era fuggito in Spagna
Dunque è bastato che un giudice abbassasse la guardia e, a gong ormai suonato, Nicolas Aitor Orlando Lecumberri ha tirato l’ultimo cazzotto: stavolta al sistema giudiziario. Scarcerato da San Vittore giovedì con l’obbligo di raggiungere una comunità di cura a Varazze, approfittando di un buco nella catena di controllo, il deejay che picchiava la gente per strada da Milano è fuggito in Spagna, a San Sebastian, la sua città, dove ora è ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Errore madornale, svista o “procedura coerente”? Di chi è la responsabilità? Solo del “pugile” seriale affetto da disturbi psicotici, che anziché andare «senza soste intermedie», come prescritto nell’ordinanza del gip di Milano Livio Cristofano, a scontare i domiciliari a Varazze ha preferito salire su un pullman a Lampugnano e raggiungere la sua San Sebastian, oppure – come pare evidente – di chi, non facendolo scortare dalla polizia penitenziaria fino alla clinica, lo ha lasciato a piede libero, consentendogli di fatto di darsi alla macchia? Uno che ha già aggredito una ventina di passanti a caso (dieci a Milano). Uno «pericoloso per sé e per gli altri». Che nel tragitto dal carcere alla clinica – dicono sbalorditi i suoi avvocati – «doveva essere accompagnato».
Perché una cosa è certa: in queste ore “di mezzo” durante la fuga, Lecumberri, arrestato il 27 luglio sui Navigli, avrebbe potuto accanirsi su altre vittime e adesso saremmo qui a chiederci come sia stato possibile che lui, Nicolas Orlando, 23 anni, deejay spagnolo arrabbiato col mondo, faccia da bravo ragazzo e però menava la gente cosi, a freddo, per visionaria “vendetta”, abbia potuto seminare altri danni. Una domanda in potenza. Che va ad aggiungersi a quella più sostanziale: è logico che questo giovane di buona famiglia, studi a Los Angeles e dj set in locali famosi, in un mese sia passato dallo status di detenuto pericoloso a quello – come prima dell’arresto – di turista delle botte in giro tra Italia, Francia e Spagna?
Rimettiamo in ordine i fatti. A ritroso. Giovedì 1° settembre. Nel pomeriggio basco sul cellulare della sorella di Lecumberri arriva una telefonata: è Nicolas. «Sono a Milano, sono fuori», taglia corto. Fuori da San Vittore, o dove? Ad aprigli le porte della cella nel primo pomeriggio nell’ufficio matricola era arrivato il fax con l’ordinanza trasmessa dal tribunale di Milano, firmata dal gip Livio Cristofano. «Non sussistendo specifiche esigenze processuali o di sicurezza, l’indagato raggiungerà senza accompagnamento, immediatamente e senza soste intermedie il luogo di esecuzione della misura, dando tempestivo avviso del proprio arrivo alla stazione dei carabinieri competente». In comunità a Varazze il ragazzo non è mai arrivato. In compenso, uscito dal carcere, fa delle “soste intermedie”: la prima all’autostazione di Lampugnano. Compra un biglietto (64 euro) per Barcellona, risulta dalla lista passeggeri e lo fa a suo nome: lascia una traccia. I poliziotti temono il depistaggio ma l’unica cosa che fa Lecumberri, forse calcolata, è cambiare parzialmente rotta. Da Milano a Barcellona Nord sono 17 ore di viaggio: a Nizza il ragazzo scende. Prende un altro autobus. Direzione: San Sebastian. Dove arriva all’alba di ieri. E dove alle 4.49 entra nell’ospedale psichiatrico.
Dalla scarcerazione al “ritrovamento” c’è un buco di 36 ore, un tempo lungo che precipita gli investigatori in uno stato di apprensione. Passo indietro. Prima del buio. Perché il gip non ha previsto nessuna misura di sicurezza? «Ve lo siete perso», va al punto l’avvocato Alessia Generoso, che si era vista accogliere la richiesta dei domiciliari con affidamento alla comunità. Rincara la dose il collega Francesco Brignola: «Il gip è lo stesso che un mese fa aveva detto che il ragazzo doveva stare in carcere perché non avendo legami col territorio poteva scappare...». Già. Ma 30 giorni dopo Lecumberri non è più pericoloso. Esce senza accompagnamento perché, – scrive Cristofano – «non sussistono esigenze di sicurezza». Come se i pestaggi collezionati fossero acqua tiepida. Come se l’autore non potesse più scappare. Infatti.
Trattandosi di una ordinanza del gip, possono intervenire solo il Guardasigilli o il Csm. E il caso è già sul tavolo del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che disporrà verifiche per capire se ci sia stata o meno una svista del giudice. Il destino giudiziario del deejay è invece in mano al pm Cristian Barilli: dovrà valutare se chiedere il mandato di arresto europeo per far tornare l’evaso in Italia, o lasciarlo a San Sebastian affinché possa essere curato.