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 2016  settembre 04 Domenica calendario

Ecco perché Ibm, General Electric, Microsoft, Facebook etc etc investono in Italia

L’Ibm costruirà nello Human Technopole dell’ex Expo due centri di ricerca: «Svilupperemo il cloud, l’intelligenza artificiale, le applicazioni nelle diagnosi sanitarie delle tecniche Big Data», precisa Enrico Cereda, ad del gruppo che in Italia fattura 2 miliardi e ha 5000 dipendenti. La General Electric ha appena avviato un piano di investimenti da 200 milioni nella controllata Avio per un motore turboelica e uno da 600 milioni alla Nuovo Pignone per la prossima generazione di turbine a gas. La Microsoft riprenderà quest’anno scolastico la collaborazione con il Miur che ha portato a 250mila bambini delle elementari le prime nozioni di informatica, «a cui si aggiungono i 200mila giovani tecnici formati gratis, con tanto di certificato da inserire nel curriculum, dalla Microsoft Academy», precisa il country manager Carlo Purassanta. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Le multinazionali della tecnologia credono e investono nel nostro Paese, «uno dei più interessanti del mondo con un’ottima preparazione accademica», dice Sandro De Poli, capo di GE Italia, 10.500 dipendenti. Non a caso i country manager delle multinazionali dell’hi-tech sono venuti in massa al Forum Ambrosetti e attendono trepidanti le parole con cui il ministro per lo Sviluppo, Carlo Calenda, annuncerà stamattina il piano Industria 4.0.Una spiegazione di tanto interesse la offre Luca Colombo, capo di Facebook Italia: «La pubblicità, settore dove abbiamo esordito tre anni fa, è oggi il grosso del fatturato, 6,2 su 6,4 miliardi nell’ultimo trimestre nel mondo. Bene, in Italia le Pmi fanno a gara: a Milano un locale di tramezzini veneziani ha aumentato del 95% le presenze e del 50% le vendite da quando fa pubblicità con noi, un mobilificio di Albenga ha dovuto chiudere in fretta la campagna perché non ce la faceva più a smaltire gli ordini, altrettanto felici le Terme di Courmayeur. Pensate a quante sono le piccole imprese in Italia e fatevi due conti». Anche il gruppo Wpp, colosso britannico del marketing da 19 miliardi di fatturato (400 milioni in Italia), è sicuro che il mercato sia sconfinato: «Il nostro gruppo si sta ampliando per acquisizioni e oggi offre tutta la gamma di servizi di comunicazione e marketing con una profilazione sempre più accurata del cliente», spiega Massimo Costa, ad per l’Italia. «Sempre più piccole imprese si rivolgono a noi quando vogliono affrontare un mercato estero o lanciare un certo prodotto in modo mirato. E noi continuiamo a investire in Italia». Sembra un sogno. Nessuno dei manager si lamenta per la burocrazia o le tasse, la febbre per la penisola non conosce confini: «Siamo arrivati nel 2011 – dice Walter Ruffinoni, capo Italia del colosso giapponese delle telecomunicazioni Ntt Docomo – e abbiamo già 2600 dipendenti. E continueremo ad assumere». Per non parlare delle acquisizioni, come la romana CrossIdeas rilevata dall’Ibm, oppure la GlenCee che era sì in Silicon Valley ma l’avevano fondata due ragazzi italiani, Alberto Tretti e Andrea Vaccari, e oggi è una divisione di Facebook.