La Stampa, 5 settembre 2016
Se fare un test universitario è un po’ come giocare a Rischiatutto
È la settimana dei test, un rito che coinvolge migliaia di aspiranti matricole dei corsi di laurea a numero chiuso.
Domani 6 settembre è la giornata campale per medicina e odontoiatria, il 7 settembre veterinaria, l’8 architettura, il 13 le professioni sanitarie, il 14 medicina in inglese. Per i candidati ai test delle professioni sanitarie, molto ambite anche per i più elevati tassi di occupazione, vi sono a disposizione 100 minuti per rispondere a 60 domande: due di cultura generale, 20 di logica, 18 di biologia, 12 di chimica, otto di fisica e matematica. Riguardano professioni come, per citarne alcune, dietistica, fisioterapia, igiene dentale, infermieristica, logopedia, ortottica ed assistenza oftalmologica, ostetricia, tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, tecniche di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, tecniche di laboratorio biomedico, tecniche di radiologia medica, per immagini e radioterapia.
I test assomigliano più a un rischiatutto che a una vera scrematura basata su competenze, conoscenze e attitudini, oltre che sulle motivazioni, che spingono migliaia di giovani a mettersi in gioco.
Il gioco è piuttosto crudele, per non dire sadico. Non è in discussione la necessità di selezionare né il numero chiuso. Forse la soluzione sta in un primo anno universitario aperto a tutti e una selezione per l’accesso al secondo, come fanno i francesi, evidentemente meno sadici di noi.