Corriere della Sera, 5 settembre 2016
Nel Minnesota dopo quasi trent’anni si trovano i resti del bambino rapito da un uomo mascherato
Washington Le luci lasciate accese sotto il porticato delle case. Dovevano essere come un faro nelle tenebre che avevano avvolto Jacob Wetterling, appena 11 anni, la notte del 22 settembre 1989. Gli abitanti di St. Joseph, piccola cittadina del Minnesota, hanno ripetuto quel semplice gesto per molto tempo, sperando che un giorno potessero spegnerle perché il bimbo era tornato. La storia ha avuto un epilogo crudele quanto prevedibile. I resti di Jacob sono stati trovati in un campo a Paynesville, a cinquanta chilometri dalla scena iniziale del crimine. La polizia li ha individuati in base alle indicazioni di Danny Heinrich, persona di interesse e sospettato numero uno in un caso che ha cambiato per sempre le vite in questo grande angolo rurale d’America. I verbali dell’epoca raccontano così l’inizio della vicenda: attorno alle 21 Jacob, il suo fratellino Trevor e l’amichetto Aaron rientrano verso casa in bicicletta, hanno appena noleggiato una videocassetta e filano via. Imboccano una strada circondata da prati e boschetti, qualche rara fattoria. La loro corsa è interrotta da un uomo con il volto coperto da una maschera, che impugna una pistola. Costringe i bambini a gettare le bici in un canale e stendersi a terra. Li esamina, studia le prede. Sceglie Jacob. Agli altri due intima di allontanarsi senza mai voltarsi o saranno guai.
Nonostante sia buio, gli agenti locali, alcune decine di pompieri, due investigatori dell’Fbi e tanti volontari iniziano le ricerche. Vanno avanti fino alle tre per poi riprendere il giorno dopo con l’arrivo di rinforzi, pattuglie a cavallo, elicotteri. Un segugio fiuta una traccia che porta fino ai segni di un copertone e l’impronta di una scarpa. Il rapitore deve aver caricato il bimbo su un’auto ed è poi scappato. L’esperto in profili criminali arrivato da Washington lo descrive così: 25-35 anni, bianco, precedenti per reati sessuali, non è un forestiero. Elaborano i primi identikit, le possibili piste da battere, le supposizioni.
Più di cinquantamila le indicazioni passate – nel corso del tempo – alle autorità. Centoventimila i dollari offerti come ricompensa. Cinquemila le persone che creeranno una lunga e commovente catena umana di solidarietà invocando il ritorno della vittima.
L’inchiesta guarda lontano e vicino. Si esaminano altri episodi, in particolare l’aggressione ai danni di un dodicenne a Cold Spring, località poco più a sud. Una parte degli inquirenti sono convinti che esista un legame, ma gli strumenti a disposizione all’epoca non permettono di fare di più. La gente di St. Joseph – in quegli anni vi abitavano circa 3 mila persone – ha paura.
L’angoscia per Jacob si trasforma nel timore che il rapitore torni a colpire, dunque i genitori seguono con attenzione i loro figli, stanno in guardia. Jerry e Patty Wetterling, i genitori del piccolo, lanciano un’associazione in difesa dei minori, cercano aiuto nella politica, non si stancano di lottare. Come potrebbero. La loro battaglia spingerà il Congresso a istituire il registro dei molestatori sessuali, un elenco dove sarebbe dovuto finire anche il nome di Heinrich.
L’uomo, infatti, non è proprio uno sconosciuto. Gli inquirenti lo prendono in considerazione all’epoca del sequestro quando viveva insieme al padre a Paynesville, però non riescono ad avere prove sufficienti. E per questo puntano altre «bestie» come lui, scavano nei pressi di una casa di campagna. Ci vorrà ancora del tempo.
È alla fine del 2014 che l’Fbi e lo Sceriffo della contea di Steams riprendono in mano il cold case. Chissà che, oltre all’impegno dei poliziotti, non ci sia qualche soffiata. Il filo più resistente porta a Heinrich e al precedente dell’89. Eseguono nuove perquisizioni e, nel luglio 2015, scoprono nella casa del sospetto ben diciannove album di foto pedopornografiche e altro materiale compromettente. Scatta la prima incriminazione, seguita da analisi della Scientifica che rilevano il suo Dna sulla maglietta del ragazzino vittima di abusi a Cold Spring.
Trascorrono molti mesi, dedicati alle verifiche, alla lettura attenta dei verbali, all’analisi dei reperti. L’orma recuperata nel punto dove sparì Jacob e compatibile con quella di una scarpa di Danny, il racconto del bimbo dell’89 presenta analogie interessanti. Sono indizi convergenti, importanti. Rappresentano il penultimo atto prima della scoperta più dura.
Sabato la polizia ha annunciato di aver trovato i resti di Jacob, sono state le dritte di Heinrich a guidarli fino sul posto, nello stesso paese dove ha abitato a lungo. La notizia «spezza il cuore» dei Wetterling che «non hanno più parole» da dire, solo un dolore profondo. Adesso a St. Joseph tutti aspettano che la Legge possa inchiodare una volta per tutte il mostro, per ora ancora presunto.