Avvenire, 4 settembre 2016
Perché i bancari sono infuriati con Renzi
Solo i pochi ammessi al dibattito a porte chiuse del Forum Ambrosetti di Cernobbio sanno che cosa ha detto esattamente Matteo Renzi sui bancari. Quello che è chiaro è che il presidente del Consiglio ha fatto un’analisi del futuro del settore bancario corredandola con previsioni brutali sulle prospettive occupazionali: nel giro di dieci anni, ha detto, si passerà dai circa 300mila bancari di oggi a 150-200mila, quindi i manager del credito faranno bene a organizzarsi per essere pronti allo sconvolgimento del loro settore. Tra l’altro, ha aggiunto Renzi, anche sua moglie oggi fa i bonifici con lo smartphone.. Non sono certo concetti nuovi, ma basta questo a esasperare i sindacati degli impiegati delle banche, una categoria professionale che dopo decenni di relativa tranquillità (quando il posto del bancario era solido e tranquillo quasi come quello di un dipendente pubblico) sta attraversando un momento difficile.
Secondo i calcoli della Fabi, il principale sindacato del settore, tra l’inizio del 2013 e il marzo di quest’anno le banche italiane hanno tagliato 12mila dipendenti, e altri 16mila usciranno entro il 2020. Certo, i numeri fatti da Renzi sono ancora più pesanti. Troppo per i sindacati, che si sono infuriati e ora minacciano lo sciopero generale. «L’affer-mazione del Presidente del Consiglio Renzi circa la necessità di ridurre, in 10 anni, di 150mila i lavoratori bancari (15.000 all’anno supponiamo), il numero degli addetti nel settore creditizio, merita una sola risposta: Sciopero Generale!!!. Il Premier prima di fare queste dichiarazioni, che rischiano di destabilizzare l’intero settore, aveva l’obbligo di consultare le Parti Sociali, fare valutazioni di opportunità» hanno scritto in una nota unitaria i segretari di Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub, Ugl Credito, Uilca e Unisin. «Il piatto è colmo – aggiungono i sindacalisti –. Non si può più accettare che un Presidente del Consiglio si ostini sistematicamente a stimolare tagli di personale per accreditarsi quei poteri forti che lo hanno sostenuto». Le sigle chiedono un incontro per discutere con l’Abi e il governo del futuro del settore. L’associazione delle banche ci sta, è pronta a «lavorare costruttivamente a fondare un nuovo patto sociale, che permetta a uno dei settori più vitali del nostro Paese di continuare sempre più a operare per il bene comune» ha risposto Eliano Omar Lodesani, responsabile del lavoro per l’Abi. Il governo ha cercato di rimensionare il caso: da Palazzo Chigi hanno spiegato informalmente che non esiste l’obiettivo di dimezzare i bancari, anzi, il governo è preoccupato per gli eventuali esuberi.
«Mica li dimezza Renzi i dipendenti, lui ha detto fra 10 anni l’occupazione del settore bancario sarà inferiore. Ma mica l’ha inventato lui, aumenta l’online si riducono le agenzie, cambia la qualità e la quantità del lavoro. Non ho visto nelle parole di Renzi né una minaccia né una disattenzione, l’ho vista anzi come una consapevolezza» ha spiegato Giancarlo Abete, presidente di Bnl, uno che all’incontro di Cernobbio c’era. L’ipotesi di un dimez- zamento dei dipendenti «mi sembra molto forte, non è il nostro caso» ha aggiunto Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, aggiungendo che non per forza lo sviluppo tecnologico implica un taglio del personale: «C’è spazio per far svolgere nuove funzioni, per dare ai clienti nuovi servizi che richiedono anche maggiore professionalità dai nostri dipendenti».
Al di là dello scontro tra il capo del governo e i sindacati, la ’valanga tecnologica’ sta colpendo il settore bancario in tutt’Europa. Secondo le rilevazioni della Bce tra il 2008 e il 2015 l’occupazione del settore si è ridotta da 3,2 a 2,9 milioni di dipendenti. Nel frattempo le filiali sono diminuite da 223 a 188mila. In Italia le filiali sono scese in cinque anni da 33.561 a 30.475, ma il nostro paese ha ancora più di 50 sportelli ogni 100mila abitanti, contro i 41 della Germania e i 37,1 della media europea. Francia e Spagna hanno però più filiali di noi: rispettivamente 56,1 e 66,9 ogni centomila abitanti. Segno che un modello di banca diffusa sul territorio, comunque, non è certo una caratteristica solo nostra.