Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 04 Domenica calendario

La sorrentinologia spiegata ai profani

Nel giorno di The Young Pope, come da previsioni, sono scese in campo le diverse correnti della Sorrentinologia. Il Pontefice americano è solo l’ultima allegoria che il regista ha gettato nell’agone delle mille interpretazioni possibili, mai «autorizzate» in via ufficiale. Metafore, allusioni e simboli che rendono indispensabile il lavoro (e il lavorìo) di una disciplina alimentata dai critici, da intellettuali e opinion-maker, dai sorrentinologi loro malgrado e dai sorrentinologi anti-sorrentiniani. 
La necessità di una sorrentinologia deriva innanzitutto dal suo stile ellittico (a volte, fin sornione): si tratta, dunque, di un’ermeneutica e non di una scienza esatta, chiamata a decodificare e squarciare il velo di Maya delle atmosfere oniriche e crepuscolari. C’è la corrente del realismo magico (molto in voga quando la location-soggetto delle pellicole era Napoli), la fazione dell’esegesi in chiave politica (Il divo e La grande bellezza), quella delle «operette morali» (L’amico di famiglia, La partita lenta, e ancora La grande bellezza), la scuola dell’individualismo intimista (L’uomo in più, Le conseguenze dell’amore), quella calcistica (il calcio supermetafora di ogni cosa). E c’è, da This Must Be the Place a Youth, l’ala musicologica: e su questa, e la centralità della musica per la sua narrazione, c’è il timbro di certificazione di Sorrentino medesimo.