Corriere della Sera, 1 settembre 2016
Angela Merkel di fronte a quel rebus avvolto in un mistero dentro un enigma che per lei si chiama Matteo Renzi
Non capita spesso che il leader di un Paese regolarmente accusato di ogni problema da un collega straniero, visiti quest’ultimo fra mille sorrisi ogni dieci giorni. Ma questa è l’Europa. E questa è Angela Merkel di fronte a quel rebus avvolto in un mistero dentro un enigma che per lei si chiama Matteo Renzi. Probabilmente la cancelliera fin qui ha tratto con certezza non più di due conclusioni quanto al presidente del Consiglio italiano. La prima è che di lui non ci si può fidare, se ci si preoccupa che l’Italia mantenga una rotta di stabilità finanziaria nei prossimi anni; ma la seconda, anche più pressante oggi, è che adesso Renzi va aiutato perché rappresenta la migliore speranza che ha l’Italia – dunque anche l’Europa – di non scivolare in uno stato di caos politico e istituzionale.
Non era molto tempo fa quando Renzi metteva tutta la sua energia in una sfida con Merkel nel Consiglio europeo: «Non diteci che date il sangue per l’Europa». Seguivano osservazioni anche irrituali del premier su Deutsche Bank o su un progetto di gasdotto dalla Russia alla Germania del Nord. In pubblico la cancelliera non ha mai risposto. In privato, in un incontro di Berlino di fine gennaio seguito a un vertice di Bruxelles particolarmente teso, Merkel trattò Renzi con un’aria di superiorità così accondiscendente che non fece che acuire la diffidenza fra i due. Sembrano passati anni, ma sono solo otto mesi. Da allora non è cambiata a Berlino – si è solo radicata – la convinzione che l’Italia non sia su una traiettoria molto sicura con il suo deficit e soprattutto con il debito. Il Patto di stabilità e la Commissione Ue non sembrano al governo tedesco in grado di risolvere questi problemi. In Germania, a torto o a ragione, è molto avvertito il problema di come proteggere i contribuenti tedeschi e l’integrità dell’euro se una delle sette grandi economie avanzate del mondo dovesse tornare in crisi finanziaria.
Ciò che invece è cambiato a Berlino negli ultimi mesi è la riflessione politica sull’Italia. Renzi sta guidando il Paese verso il referendum costituzionale sullo sfondo di un’Europa messa alla prova dalla Brexit, dal terrorismo, dalle ondate di migranti e dalla lunga paralisi politica di Parigi. Per Merkel, l’Italia e il suo premier oggi sono il solo interlocutore possibile e sono da aiutare ad ogni costo a superare il percorso dei prossimi mesi. Uno dei segnali in questo senso è stata l’apertura del ministro dell’Interno, Thomas de Maizière, al suo collega Angelino Alfano al Meeting di Rimini dieci giorni fa: la Germania per la prima volta fa scattare gli accordi europei e accoglierà «centinaia» di migranti sbarcati in Italia ogni mese. Le concessioni e la cordialità di Merkel a Ventotene pochi giorni fa e ieri a Maranello sono altri tasselli della stessa tattica. L’errore più grande, in Italia, sarebbe prendere tutto questo come un via libera incondizionato, su tutto e per sempre. Se e quando Renzi supererà il referendum, si accorgerà che non sarà bastato quello a dissolvere i timori diffusi a Berlino sulla direzione verso cui sta viaggiando l’Italia.