La Stampa, 1 settembre 2016
È stato ritrovato un messaggio del Duce ai posteri sepolto nel basamento dell’obelisco del Foro Italico
Il sito della Bbc ha lanciato la notizia del ritrovamento di un messaggio del Duce ai posteri sepolto all’interno del basamento dell’obelisco del «Foro Mussolini», l’attuale Foro Italico, a Roma. Si tratterebbe di un testo latino, ricostruito su fonti archivistiche da due studiosi, Bettina Reitz-Joosse dell’Università di Groninga e Han Lamers dell’Univeristà di Lovanio. Il testo era stato tradotto da Giuseppe Aurelio Amatucci, un professore della Cattolica di Milano specializzato in filologia classica. Nel 1932, quando fu eretto l’enorme obelisco, venne sepolta sotto la base una pergamena con un testo in latino. A quanto sembra, lo scritto è diviso in tre parti: la prima esalta il fascismo e Mussolini come salvatore della Patria dopo i disordini del dopoguerra, la seconda raffigura il Duce quale nuovo Cesare e le grandi realizzazioni del regime, e la terza celebra le organizzazioni per la formazione e l’educazione della gioventù italiana.
Il testo originario pare sia ancora sepolto sotto l’immenso obelisco, che campeggia davanti allo stadio Olimpico con la scritta «Mussolini Dux». I due studiosi stanno per dare alle stampe il testo in una pubblicazione scientifica dal titolo The Codex fori Mussolini: A Latin Text of Italian Fascism edita da Bloomsbury. Scavando negli archivi romani, i due studiosi sono riusciti a reperire le bozze e le traduzioni, assieme a tutto il progetto dell’operazione.
Con il testo, è stato ritrovato anche il bozzetto di una medaglia, raffigurante il Duce ricoperto da una pelle di leone, alla stregua di Ercole, una raffigurazione abbastanza inusuale, anche per un egomane come il dittatore fascista.
Che il testo sia scritto in latino non deve stupire. Il fascismo si rifaceva continuamente all’antichità classica, Roma imperiale era il modello a cui il Duce si richiamava. Che sia stato sepolto sotto una delle «grandi opere» del regime è invece piuttosto singolare, ma si inquadra abbastanza bene in quella ossessione per l’eternità tipica dell’élite fascista. Evidentemente Mussolini pensava che, passati alcuni secoli, gli archeologi del futuro avrebbero ritrovato sotto le rovine dell’obelisco il testo e avrebbero potuto capirlo grazie proprio alla lingua latina. Molto probabilmente, inoltre, il Duce temeva che, una volta caduto il fascismo (in un lontanissimo futuro), i suoi nemici si sarebbero accaniti contro i suoi simboli esteriori, e quindi seppellire le prove della grandezza del regime le avrebbe messe al sicuro per i secoli a venire. Da una parte aveva ragione, dato che i fasci sono stati scolpiti via da tutti gli edifici pubblici dopo la guerra, ma dall’altra l’enorme scritta che tuttora saluta i cittadini romani e i turisti lo ha smentito.
Per quanto riguarda il contenuto, sembra la classica esposizione degli stereotipi della propaganda fascista. Da una parte il fascismo «salvatore della Patria» durante gli anni oscuri del dopoguerra, un tema che veniva ripetuto ossessivamente non solo dai media dell’epoca, ma si ritrova ancora nelle agiografie dei nostalgici del regime. L’altro tema, quello di Mussolini come costruttore imperiale di una «nuova Italia», è altrettanto scontato.
Sicuramente il dittatore lavorava per l’eternità, per realizzare opere che durassero e, più che il testo, sembrerebbe l’obelisco stesso la riprova migliore di quanto le tracce del fascismo siano ancora presenti non solo nella memoria pubblica, ma anche e soprattutto nella struttura fisica delle nostre città. I due bravissimi ricercatori, il cui impegno è sicuramente da apprezzare, non hanno però scoperto un testo che ci illumini in maniera particolare sulla storia del fascismo o sulla figura del dittatore. In attesa di saperne di più, il valore del Codex è abbastanza relativo. Si tratta soltanto di una ennesima riprova dell’egocentrismo di Mussolini, e della piaggeria dei suoi collaboratori.