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 2016  agosto 30 Martedì calendario

Il dialogo fra sordi tra Londra e Bruxelles

La Gran Bretagna si sta staccando dall’Europa.  C’è solo un pezzetto di mare in mezzo ma negli ultimi mesi la distanza tra il Regno Unito e il «Continente», come lo chiamano gli inglesi, è diventato molto più vasto delle 19 miglia marittime della Manica. 
Chi, come me, fa la spola tra le stanze dei bottoni di Bruxelles e gli uffici ricoperti di mogano della City di Londra rimane stordito dal dialogo tra sordi tra le due capitali. 
Da una parte, a Nord delle bianche scogliere di Dover, c’è un Paese che, quasi a suo malgrado, sta ritrovando il gusto di essere indipendente. 
Nonostante le molte paure economiche, politiche sociali, la Gran Bretagna si è gettata nell’ esperimento-Brexit con passione e voglia. Nei prossimi anni sapremo se si tratta della suicida passione di un kamikaze o la positiva voglia di cambiare dei rivoluzionari d’altri tempi. Ma nel frattempo, il Regno Unito si è rimboccato le maniche e, con classico pragmatismo britannico si è messo a lavorare per creare un dopo-Brexit accettabile.
Dall’altro lato del Canale c’è un’Europa alla deriva. Il simbolismo del summit di Ventotene di questa settimana doveva essere quello di rinvigorire il progetto dell’Unione, nella città dove riposa il grande Europeista Altiero Spinelli. Ma i discorsi di Matteo Renzi, Angela Merkel e François Hollande sull’incrociatore Garibaldi (altro nome-simbolo…), hanno messo in luce le fissioni profonde dell’Europa odierna. 
Dall’economia all’immigrazione, dai referendum alle elezioni, i tre leader più importanti d’Europa sembravano piccoli piccoli sul ponte della Garibaldi, forse inadeguati a fare fronte ai problemi annosi dell’Unione.
Non è che Theresa May, la nuova prima ministra britannica, sia una reincarnazione di Winston Churchill, ma almeno ha un programma ben delineato, «scritto» dal voto a sorpresa del 23 giugno. 
Il compito della May che, non dimentichiamoci, fece la campagna per rimanere in Europa, è chiaro: pilotare il Regno Unito tra gli iceberg di difficili negoziati sulla scissione dall’Ue e ridurre l’inevitabile danno economico causato dalla Brexit. Ruolo non facile, ma preciso.
Bruxelles, invece, soffre di mancanza di chiarezza. Quando parlo con i super-burocrati della Commissione e con i diplomatici, si ostinano a recitare la parte degli europeisti a tutti costi. Parlano di «integrazione», «unione bancaria», «rispetto delle libertà di movimento dell’Unione», come se nulla fosse.
Come se il referendum di Brexit non sia successo, come se i movimenti 5 Stelle, Podemos e Afd non siano nati sulle ceneri dell’inguardabile politica interna di Italia, Spagna e Germania. La domanda che faccio sempre a questi alti funzionari è: «Ma il vostro mandato, qual è?». O, in parole più semplici: «Siete sicuri che la popolazione europea vuole più Unione?». Perché il messaggio dell’elettorato di mezza Europa sembra quello opposto. 
Rispondono, quasi offesi, che il loro mandato viene dai Trattati, che il loro dovere è proseguire nel percorso obbligato di un’Unione sempre più stretta. Discorsi difficili da capire, che perdono completamente valore quando si ri-attraversa la Manica e si rientra nella Gran Bretagna «sovrana». 
Il paradosso è che il Regno Unito e l’Unione europea potrebbero imparare molto l’uno dall’altra se riuscissero, per un momento, ad abbandonare le rispettive retoriche di «sovranità» e «integrazione» e ascoltassero cosa dice l’elettorato.
I britannici non hanno scelto Brexit all’unanimità, anzi. È stata una vittoria risicata, 52% contro il 48%, che riflette divisioni ataviche sulla questione europea. Alcuni di quelli che hanno votato Sì sono già pentiti, altri se ne pentiranno quando saranno colpiti da problemi economici e sociali.
Lo stesso vale per il resto dell’Europa. Paesi come l’Italia, la Spagna, la Francia, e soprattutto la Germania, non sono diventati euroscettici dal giorno alla notte. Un po’ come Brexit, il voto di protesta a questioni d’immigrazione, divari economici e sperequazioni sociali si manifesta in un’antipatia per l’Europa, o quantomeno «l’Europa» – il concetto di una burocrazia distante, odiosa e spocchiosa che legifera a raffica da Bruxelles. 
La deriva europea e il distacco britannico contengono lezioni importanti per il futuro del Continente. Per impararle, i potenti del blocco sulle due sponde della Manica dovranno ascoltare i messaggi che vengono dai rispettivi elettorati. Prima che sia troppo tardi.