La Stampa, 27 agosto 2016
Censimento e appalti rapidi, così funziona il modello emiliano
In Emilia, dove il terremoto di 4 anni fa ha distrutto i centri storici della Bassa modenese, oltre a far danni nel Reggiano, nel Bolognese e nel Ferrarese, per il recupero dei beni artistici si sono inventati un modello operativo che permette di muoversi abbastanza agilmente nel labirinto burocratico-normativo di casa nostra: si tratta di una commissione congiunta fra regione Emilia Romagna e soprintendenza dove si coordinano le esigenze di sicurezza, quelle di tutela dei monumenti, e infine quelle dei conti, perché spetta alla struttura commissariale regionale valutare i costi degli interventi e autorizzarli. Gravi le ferite al patrimonio storico: «Il valore complessivo dei beni pubblici colpiti dal sisma, chiese, scuole, municipi, biblioteche, parrocchie, ammonta a un miliardo e 560 milioni di euro: per il 70%, si tratta di beni vincolati – spiega Enrico Cocchi, direttore dell’Agenzia per la ricostruzione della regione -. Sono antichi edifici comunali, oppure chiese, che sono strutture ampie e prive di particolari forme di resistenza, dunque sono i più fragili».
Per avere un’idea della vastità della rovina, basti pensare che i comuni coinvolti sono stati 58, e che praticamente ogni paese ha un centro storico, il che è la meraviglia e la maledizione dell’Italia in eventi come questi. I controlli sono cominciati dopo la seconda scossa, quella del 29 maggio 2012: «La soprintendenza regionale ha compiuto un censimento puntuale dei danni strutturali a chiese ed edifici– aggiunge Cocchi -. È stata formata una squadra con vigili del fuoco ed esperti che in qualche mese ha verificato collocazione, danni subiti e beni da salvaguardare da incuria, danni e intemperie. I beni mobili sono stati portati al Palazzo ducale di Sassuolo, per la pulizia e il restauro». Sono state apposte puntellature per sostenere le costruzioni pericolanti, e teloni sui tetti sfondati per proteggere gli interni. E poi le macerie: «I mattoni d’epoca sono stati accantonati in modo da poter essere poi utilizzati al momento della ricostruzione». Quattro anni dopo, la gran parte dei cantieri deve ancora partire, un po’ perché si è data la precedenza alle abitazioni e alle aziende, ma anche a causa della complessità delle procedure: «Allo stato attuale sono oggetto di assegnazione, progettazione e appalto beni pubblici per un miliardo e 74 milioni – dice Cocchi -. Intervenire su un bene vincolato richiede più tempo, perché tutte le opere di ripristino sono soggette a gare pubbliche».
E così la torre medievale di Finale Emilia sbriciolata dalle scosse, immagine simbolo del terremoto del 2012, deve continuare ad aspettare. Il modello di intervento coordinato fra regione e sovrintendenza però funziona, e potrebbe pure essere applicato ai paesi del Reatino sconvolti dall’ultimo cataclisma.