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 2016  agosto 28 Domenica calendario

Trump padre che non vendeva né affittava case ai neri e Trump figlio che spacciava gli accordi consensuali per vittorie quando lo portavano a processo per discriminazione

Qualche mese prima che il presidente Johnson firmasse il Civil Rights Act, la legge del 1964 che di fatto poneva fine alla segregazione negli Stati Uniti, l’immobiliarista Fred C. Trump, all’apice della sua carriera di costruttore, non vendeva né affittava case ai neri.
Certo, fino a qualche anno prima, la discriminazione immobiliare era una pratica lecita in molti stati degli Stati Uniti: le agenzie stipulavano «contratti razziali» che assicuravano l’assenza di afroamericani nel quartiere. Ma negli anni Sessanta l’aria era cambiata, il Paese si avviava a diventare il mondo libero e democratico, con New York capitale. In teoria Fred C. Trump, padre del candidato repubblicano, avrebbe dovuto costruire – grazie ai prestiti del governo federale – case, villaggi e palazzi per la nuova «middle class» bianca e nera di un Paese che voleva buttarsi alle spalle secoli di schiavitù. E invece, riporta il New York Times in una nuova inchiesta, l’imprenditore costruì il suo impero anche grazie alla discriminazione dei neri.
La questione è nota alle autorità giudiziarie,da decenni, tanto che già nel 1966, in seguito a un articolo del giornalista investigativo Wayne Barrett, alcune organizzazioni per i diritti civili avevano iniziato a indagare sui comportamenti illeciti di Trump. Nel 1967, scrive il quotidiano newyorkese, su 3.700 appartamenti del Trump Village, solo 7 erano occupati da neri. Addirittura sembra che – a indagini in corso —il costruttore continuasse a operare la discriminazione chiedendo ai suoi agenti di scrivere una «c» di colored su tutte le richieste di appartamento provenienti da afroamericani.
La storia meno nota riguarda però il ruolo che effettivamente avrebbe avuto nella vicenda Donald Trump, che agli inizi degli anni Settanta, benché giovanissimo, era già presidente della Trump Management. Il New York Times ha raccolto centinaia di documenti provenienti dalla Commissione di New York sui diritti umani, dal dipartimento di Giustizia, tribunali e corti e ha intervistato inquilini respinti, cittadini discriminati, associazioni per i diritti civili e giudici per raccontare quella che sembra «una lunga storia di pregiudizi razziali nelle proprietà di famiglia».
Di certo, Donald Trump – recentemente convertito alla causa afroamericana – non ha mai fatto mistero della grande ammirazione verso lo stile imprenditoriale di suo padre. Inoltre, il giovane presidente della Trump Management ha iniziato fin da subito ad avere un ruolo attivo nelle controversie legali. Quando nel 1973 la prima causa per discriminazione contro i neri si concluse con un «accordo» consensuale, The Donald – non essendoci stata condanna formale – lo sbandierò come prova di vittoria e di innocenza. In pure stile Trump, tutte le cause che seguirono i due usarono sempre la tattica di screditare le corti e le «vittime», e di intentare a loro volta causa. Rivendendo in ogni caso il risultato come una vittoria.