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 2016  agosto 29 Lunedì calendario

I videogiochi come sport. Il caso della Cina

Hanno iniziato a fare sul serio nel 2015 vincendo 61mila dollari. Ma nulla lasciava presagire il risultato di quest’anno: il titolo vinto a Seattle a The International, torneo dedicato al gioco online Dota 2 con in palio 20 milioni di dollari. Il primo premio? Nove milioni e 139 mila dollari ed è andato ai membri del team cinese Wings, cinque ragazzi professionisti dell’eSport. Non è la prima volta che una squadra cinese vince in eventi del genere. Non era mai accaduto però che in patria si guadagnasse oltre al rispetto del pubblico quello di testate del calibro del China Daily, della tv di stato Cctv e dell’agenzia Nuova Cina (Xinhua). L’accoglienza ricevuta dal diciottenne Zhang Yiping e dai suoi compagni, quasi fossero atleti olimpici tornati a casa con una medaglia d’oro, è una novità. Perché la Cina è un Paese che tratta la “dipendenza” da Internet e da videogame con campi di rieducazione. Gli elettroshock sono stati banditi nel 2009 dal ministero della Sanità, giudicati “privi di fondamento scientifico”, dopo lo scandalo scoppiato nella provincia di Shandong. Tremila adolescenti vennero sottoposti a questo trattamento, pagato ben 800 dollari delle famiglie.
Con 721 milioni di persone che accedono al Web, in una società che chiede troppo da bambini e teenager in termini di risultati scolastici, forme eccessive di attaccamento al mondo dei giochi elettronici vengono combattute da sempre con metodi spiccioli. Il governo sostiene che il 10 per cento dei minori che navigano online abbiano un problema di dipendenza. Si parla di 24 milioni di ragazzi che a volte finiscono per tre o sei mesi in uno dei 250 centri come il Daxing Internet Addiction Treatment Centre di Pechino. Qui vengono sottoposti a una severità da caserma sotto lo sguardo di psichiatri dell’esercito popolare. E questo accade malgrado fin dal 2004 l’eSport sia stato riconosciuto ufficiamene e nel 2009 la Coca-Cola abbia scelto di promuovere le sue bibite usando i personaggi del gioco di ruolo di online World of Warcraft tanto è diffuso in Cina e parte della cultura di massa.
Che qualcosa stesse cambiando si era già capito nel febbraio del 2015. Sulle pagine del People’s Daily, sempre di proprietà dello Stato, era apparso un articolo nel quale si faceva distinzione fra l’eSport e dipendenza dai videogame. Anzi si scriveva: «L’e-Sport fa bene ai teenager quanto il calcio». Ora la conferma con il risalto dato alla vittoria del team Wings in Dota 2. È una delle “discipline” più popolari dopo League of Legends, punta di diamante di quel genere detto Multiplayer Online Battle Arena (Moba). Nato quasi per caso sette anni fa, è fatto di arene fantasy nelle quali si combatte gratuitamente in squadre di quattro o cinque. Il giro di affari complessivo è di 18 miliardi di dollari e la metà vengono dall’Asia, compresi i 4,5 dalla Cina. Solo League of Legends ha 90 milioni di giocatori al mese nel mondo e suoi match vengono guardati da 88 milioni di persone. Non si tratta più di semplici videogame, ma di canali d’intrattenimento di una specie nuova a metà fra gioco online, dirette, tornei, piccoli acquisti fatti dai giocatori che sommandosi divenendo miliardi.
Zhou Yang, Chu Zeyu, Zhang Ruida, Li Peng e il capitano dei Wings Zhang Yiping sono diventati ricchi in una sola notte intascando poco meno di due milioni di dollari a testa. Facendo sognare i loro coetanei, in un Paese dove il reddito pro capite nel 2015 è stato di 7900 dollari secondo la Banca Mondiale. Per farlo hanno battuto, contro i pronostici, gli americani Digital Chaos. Ma Yiping, che online si fa chiamare Y*, ha fatto intendere di volersi ritirare per riprendere gli studi. I suoi fan comprendono e approvano. «Nulla è meglio che scegliere di ritirarsi per tornare a scuola», ha scritto uno di loro sui social network. E un altro: «Il college è un must». L’eSport sarà anche stato sdoganato, ma in Cina continua a regnare il pragmatismo di sempre.