La Stampa, 28 agosto 2016
Flavia Pennetta un anno dopo il successo agli US Open
Flavia Pennetta, ovvero com’è dolce New York un anno dopo l’indimenticabile finale tutta italiana vinta su Roberta Vinci agli Us Open. Che effetto fa rimettere piede a Flushing Meadows da ex?
«È stato bello arrivare in America, ancora più emozionante entrare al circolo e sorteggiare il tabellone. Però quest’anno voglio girarmi bene la città, il ponte di Brooklyn e gli altri posti che non ho mai visto. Me la farò tutta a piedi».
Il primo anno da «pensionata» è stato come se lo aspettava?
«Fino al matrimonio (con Fabio Fognini a giugno, ndr) ci sono state tante cose da fare. Poi mi sono detta: mo’ che faccio? La cosa buona, lo dicevo giorni fa a mia madre e mia sorella, è che non ho mai pensato: vorrei essere là».
Neanche a Rio?
«Me ne sono stata benissimo a casa, a fare il tifo. L’Italia era partita con poche aspettative, invece sono arrivate tante medaglie. Per la prima, quella di Rossella Fiamingo, ero lì come tutti con il fiato sospeso. Il volley mi ha esaltato, Tania Cagnotto è stata bravissima. Mi è dispiaciuto per le “farfalle” della ritmica».
Un’estate fra mare e manicaretti, a giudicare da Instagram. Lei cucina? Qual è il suo piatto da top 10?
«Cucinicchio, il mio piatto sono le melanzane ripiene. I polipetti invece me li mangio crudi. Dopo essermi presa il tifo da ragazzina, ho gli anticorpi».
La vita ai tornei da signora Fognini è meno eccitante?
«Be’, continui a vedere le persone che conosci, però sì: è un po’ pallosa. Quando giochi hai la tua routine, se devi startene al circolo con le mani in mano il tempo non passa mai. E da fuori si soffre di più. Ora capisco, e ringrazio, chi mi ha dovuto seguire per 15 anni».
Potrebbe fare la coach di suo marito? È girata la voce.
«Ma no. Il giusto equilibrio nella coppia sta nel fare ciascuno le sue cose. Mai mischiare affetti e lavoro».
Il tennis femminile è in crisi di campionesse?
«Le prime dieci non fanno più la differenza. Può vincere chiunque, perché si è alzato molto il livello dietro. Le “negate” non esistono più. La Puig oro alle Olimpiadi può sembrare una cosa assurda, ma è giovane, ha un tennis aggressivo e ha beccato la settimana perfetta. Ci sta».
Serena Williams?
«È sempre la n. 1 ma ogni tanto stacca la spina. Non ce la fa fisicamente, forse anche di testa. Comprensibile, a 35 anni e dopo gli ultimi 20 passati a vincere tutto. Io però vorrei vedere un po’ più di tennis italiano...».
Manca il ricambio?
«Siamo indietro, sì. Parlo spesso con la mia amica Maria Elena Camerin, che segue le under 18 della Federazione e la verità è questa. Anche in campo maschile, dove però qualcosa si vede. Fra le ragazze c’è proprio uno scalino».
Cosa è mancato?
«Le ragazze di oggi non le ho viste crescere, non posso dirlo. Posso dire quello che abbiamo fatto io, Francesca (Schiavone, ndr), Roberta (Vinci), Sara (Errani) che ci siamo guardate, spiate, motivate a vicenda».
Si accontentano di poco o si scoraggiano in fretta?
«Forse si scoraggiano presto. Vorrebbero ottenere tutto subito, invece bisogna stare lì, anche quando si perde. Il messaggio è questo».
L’Italia nella serie B di Fed Cup, dopo 4 titoli vinti, le fa impressione?
«Un po’ sì. Però è un ciclo, ora bisogna lavorare per creare un gruppo capace di risalire nel World Group».
Le piacerebbe collaborare all’impresa?
«Datemi ancora un po’ di tempo per me. A fine anno parlerò con la Federazione, ma non è la mia priorità».
Chi vince a New York fra i maschi?
«Come? (voce fuori campo, ndr...)... Fognini mi dice Fognini. Sono sicura che Fabio può fare grandi cose, nel tennis tutto può succedere. Ovviamente Murray arriva con tanta fiducia, mentre Djokovic ha avuto un po’ di problemi fisici. Il circuito è impegnativo e le Olimpiadi sono state una mazzata. Sono tutti acciaccati».
Tranne l’ex-acciaccatissimo Del Potro.
«Del Potro è rinato, ma ha alle spalle due anni e mezzo di stop. Quando ti fai male è brutto, però ti rigeneri. È capitato anche a me».
Il ruolo da opinionista tv con Sky le piace?
«È divertente. Però dicono che sono troppo buona. Sarà perché mi immedesimo ancora nella fatica che si fa in campo...».