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 1916  marzo 26 Domenica calendario

Il cardinale Girolamo Maria Gotti

Era, fino a pochi anni addietro, una delle figure più in vista del Collegio Cardinalizio. Alla morte di Leone XIII, nel 1903, fu, anzi, uno dei più universalmente designati per succedergli sulla cattedra di San Pietro. Figlio di un operaio bergamasco trasferitosi a Genova ad arruolarsi nella tradizionale caravana dei facchini del Porto, in Genova nacque, il futuro cardinale, il 28 marzo 1834, e come la umile famiglia sua era religiosissima, così egli si portò fin da fanciullo verso l’idea di farsi frate, e fu uno dei carmelitani scalzi del convento di Loano, dove stette fino al 1860, dedicandosi a severi studi, specialmente ai matematici, di cui faceva anche lezione ai novizi. Nel dicembre del ’56 fu ordinato sacerdote, ma non mutò le consuetudini della vita claustrale. Il decennio dal 1860-70 lo passò nel convento di Sant’Anna, a Genova, insegnando, contemporaneamente, matematiche nel collegio Piccone, dove ebbe allievi giovani che furono poi distinti ufficiali nella marina italiana.

La carriera brillante di lui cominciò nel ’70, quando andato a Roma come teologo del Generale dell’Ordine, pertecipò ai lavori del Concilio ecumenico, dove la grande perspicacia e la profonda dottrina del giovine frate furono universalmente apprezzate. Come procuratore dell’Ordine viaggiò poi lungamente in Austria, Baviera, Francia, Belgio, Inghilterra, Siria, accrescendo la sua esperienza, il suo senso pratico nei contatti internazionali. Ma il suo successo decisivo lo ottenne nel 1892 come internunzio al Brasile assestando i nuovi rapporti della Santa Sede col Governo repubblicano, dopo la caduta di Don Pedro; e per tale opera Leone XIII gli diede in premio al ritorno a Roma il cappello cardinalizio nel concistoro del 29 novembre 1895.

Leone XIII prese poi ad averlo in gran conto per l’abilità amministrativa e la severità spiegata nei controlli economici. Egli fu tra i primi a redimere beni ecclesiastici rinviliti, e dell’Obolo di San Pietro fu il vero restauratore, quando dalla fiducia di Leone XIII fu chiamato a reggere con pugno di ferro l’azienda patrimoniale vaticana. Era tanta la fiducia di Papa Pecci in questo custode del tesoro pontificio, che volle perfino a lui affidato segretamente il milione risparmiato negli ultimi tempi sul bilancio vaticano, e da Leone XIII destinato alle spese del conclave. Finito il conclave da cui uscì eletto Pio X, il Gotti poté presentare al nuovo Papa il milione. I giornali d’allora parlarono di somme favolose, fino di 35 milioni... ma la verità è ben raramente quella che spacciano i grandi o piccoli giornali!...

Nel conclave, attorno a lui gravitavano molti elettori, sebbene egli fosse sinceramente alieno dal salire al soglio papale. Così sopportò con indifferenza la lettura al primo scrutinio del primo nome – il suo, che in quella seduta fu ripetuto ben diciassette volte, contro i 24 voti toccati al Rampolla ed i soli cinque del cardinale Sarto. Al secondo scrutinio Gotti riportò ancora sedici voti: al terzo era disceso a nove, mentre il Patriarca di Venezia, aiutato indirettamente dal veto austriaco contro il Rampolla, prendeva la testa sui competitori. L’austero carmelitano non si scompose affatto; ed un amico ebbe a definirlo «il cardinale di marmo».

Eletto Pio X, il Gotti rimase nel suo ufficio di Propaganda Fide, proseguendo nella consueta dirittura delle idee e della vita pratica. Anche quando prevalse l’intransigente triumvirato Merry del Val, Vives y Tuto, De Lai, onde gli altri porporati si trovarono naturalmente messi fuori, Gotti non mutò stile: sempre frate nella semplicità del costume, sempre energico nel disimpegno del suo dovere. Conoscitore della sua forza di resistenza, dotato di un sistema nervoso eccellente, ancora negli ultimi anni lavorava le sue tredici ore al giorno, senza provare stanchezza; mai mostravasi a passeggio, chiuso com’egli era nelle abitudini del religioso, solitamente taciturno e impenetrabile.

Nell’ultimo conclave – quello del settembre 1914, dal quale usci Benedetto XV – la sua stella era ormai tramontata; il fortunoso periodo che attraversava la Santa Sede in mezzo alle difficoltà create dalla guerra europea richiedeva una tempra di diplomatico più che di religioso ed un uomo nel pieno vigore degli anni mentre il Gotti ne aveva ormai ottanta, e ciò bastava ad escluderlo dal novero dei papabili.

Rimase però fino all’ultimo circondato da quella dignità e reverenza che sempre, in ogni tempo, aleggiarono attorno alla sua nobilissima figura.