L’Illustrazione Italiana, 26 marzo 1916
Corriere
Primavera. Cadorna, Salandra, Sonnino a
Parigi. Il voto di fiducia della Camera. Le
crescenti entrate dello Stato. Milano al buio.
– Primavera!...
– Sicuro, primavera!... Cominciata ieri, ventuno marzo…
– San Benedetto... Le rondini sul tetto!...
– Ma che rondini!... Ha piovuto tutto ieri a dirotto, con un’aria rigida, penetrante da far pensare all’equinozio d’autunno anziché all’equinozio di primavera…
– Ma oggi splende il sole...
– Ci crede lei al sole?... Io non credo nemmeno a quello...
– Già, lei non crede a niente!...
– Scusi, credo a quello che vedo E siccome il sole è dal 21 febbraio, si può dire, che non si fa vedere più, non ci credo più; e non si riaccenderà la mia fede nell’astro maggiore fin quando non lo vedrò fiammeggiante nel cielo limpido, azzurro, per almeno una diecina di giorni, che davvero ce n’è bisogno per la terra, per gli uomini, per tutto e per tutti...
– E specialmente per quei poveri nostri soldati, che combattono, lottano, resistono magnificamente in condizioni climatiche così avversamente straordinarie da doverne esaltare doppiamente il tenace valore, l’incomparabile spirito di sagrificio, l’eroica pazienza…
– Ma verrà l’ora luminosa anche per loro…
La primavera porterà questa guerra ostinata alle azioni risolutive
– Speriamolo…
– Come, speriamolo?... Non può essere che così!... Ad un altro anno di guerra nessuno crede, a cominciare da quei maledetti tedeschi, che ora intensificano gli attacchi nella regione di Verdun e sulla Mosa, per arrivare ad una qualsiasi stretta finale...
– Ma non vi arriveranno...
– Lo credo anch’io, ma se non vi arriveranno essi, vi arriveranno gli Alleati; la stretta verrà, e la guerra finirà...
– Perché finisca, e finisca bene, si raduna, appunto lunedì a Parigi, la grande conferenza politica e militare dei governi dell’Intesa
– Perciò il nostro generalissimo Cadorna è da tre giorni in Francia. I parigini lo hanno accolto con entusiasmo come un liberatore… L’Intervento dell’Italia alla grande conferenza ha per i francesi una eccezionale significazione... L’Italia è completamente con la Francia…Da dieci mesi potevano essere ben persuasi di questo; ma la presenza a Parigi del generalissimo Cadorna – che da ieri a domenica ha fatto una corsa anche a Londra – toglie loro ogni dubbiezza. E li confermerà, alfine, nella piena fiducia l’arrivo a Parigi di Salandra e Sonnino, che saranno domenica sera alla capitale francese.
A cento e due anni di distanza dal congresso di Parigi del 1814, quale trasformazione storica!... Allora l’Italia, politicamente e militarmente, non c’era. La parola, le speranze dell’Italia, di una parte dell’Italia – della Lombardia – andarono ad esprimerle i deputati lombardi, Federico Gonfalonieri, Alberto Litta, Giangiacomo Triulzi, Gianluca della Somaglia, alcuni altri patrizi, e due banchieri, un Giani e un Balabio – ma, purtroppo, la voce degl’italiani non fu ascoltata.
Il 20 maggio 1814 il promettente regno d’Italia fu definitivamente disfatto, e l’Italia divenne, dal più al meno, tutto dominio o feudo dell’Austria. Cento e due anni dopo, i nipoti di quegl’inviati lombardi, assistono all’immancabile vendetta della giustizia storica: l’Italia è a Parigi, da pari a pari, in mezzo a nazioni che, cento e due anni addietro, erano alleate dell’Austria; è a Parigi da pari a pari, coi suoi ministri, e coi suoi generali; ciò che verrà deliberato e per la guerra e per la pace dipenderà anche dalla sua azione e dalla sua volontà; e nella grande conferenza l’Italia parteciperà alle deliberazioni dalle quali dovrà uscire il castigo definitivo, storico, giusto, dell’Austria, per il presente... e per l’avvenire!...
La Quadruplice con la grande conferenza di Parigi entra ora nella seconda e definitiva fase dell’organizzazione unitaria della sua azione: la prima fase è stata quella dell’uniformità di preparazione, specialmente per il munizionamento, sulla cui potenzialità riposa per la più gran parte il segreto del successo. Ora deve venire l’uniformità delle decisioni, delle azioni, che daranno l’aspettata, l’invocata vittoria!... Il viaggio a Parigi del generalissimo Cadorna, dei ministri Salandra e Sonnino ha questo altissimo obbiettivo. I francesi salutano per ciò con gran festa gli ospiti italiani. Dall’Italia rispondiamo alla Francia con evviva esprimenti uguale fiducia.
*
Questo senso di fiducia è stato riaffermato anche dalla Camera italiana col voto dato da essa domenica al ministero Salandra, dopo una logomachia durata sette giorni – sfogo propizio a tutti gli untori. E inutile fare ora il processo alle intenzioni. Quando mai la sincerità è uscita limpida e vittoriosa dalle discussioni di un Parlamento? Beniamino Franklin ha detto che la logica in un Parlamento è come un elefante in una bottega di un orologiaio. I voti bisogna prenderli per quello che sono, nella loro significazione quantitativa ed immediatamente effettiva.
C’erano nella Camera, domenica scorsa, 456 deputati; 394 hanno detto sì a Salandra, e al suo governo, 61 gli hanno detto no – quale voto effettivamente più significativo di questo?... Non andiamo ad esaminare le ragioni per le quali questo o quell’altro gruppo hanno votato sì. Bisogna procedere per sintesi: le ragioni per dire di no, dopo una lunga discussione, animata ed abbastanza schietta, sono state sopraffatte dalle ragioni che consigliavano di votare sì, e sul significato di questo sì non può esservi dubbio: gli uomini che nel maggio del 1915 si sono assunta la responsabilità di portare 1’Italia alla guerra; gli uomini che la politica della guerra hanno condotta sin qui; visto e considerato che, dopo tutto, errori gravi – errori di quelli che compromettono tutto un programma e non si perdonano – non ne hanno commessi, è logico, naturale, giusto, onesto, ed anche conveniente che continuino essi ad avere la responsabilità, tutta la responsabilità della situazione che hanno creata e lasciata creare, e vadano sino in fondo. Dopo, soltanto dopo dovranno essere giudicati, e seriamente, severamente giudicati. Se la maggioranza che ha detto ora sì, avesse detto no, si avrebbe avuta – naturalmente – la crisi, determinando la quale il Parlamento, col suo voto contrario, si sarebbe assunta esso una più diretta responsabilità per l’avvenire. Mutare gli uomini del governo mentre stanno dirigendo una grande azione, è sempre una responsabilità grave, che si può volere incontrare quando si ha la persuasione di compiere un dovere necessario ed urgente. Ma, poteva credere la maggioranza della Camera che fosse necessario ed urgente levare dal governo Salandra e Sonnino?... No certo. Era ugualmente necessario ed urgente che fossero liberati Salandra e Sonnino da compagni come Daneo, Grippo, Zupelli e Cavasola?... Sarebbe difficile dimostrare tale necessità. E per mettere chi, al posto di questi quattro?... Invece è accaduto che proprio Cavasola, il ministro per l’agricoltura e commercio, quello contro cui eransi mostrate preferibilmente aspre le critiche, ha pronunziato per sé e per tutto il ministero, un discorso che ha spinta la Camera, tutta la Camera, al più vivo entusiasmo ed alla più ostensibile commozione. Le critiche e le opposizioni al governo dovevano ben avere un contenuto limitatamente consistente se hanno così prontamente ceduto ad un inatteso successo oratorio. Ma in Italia dominano sempre il buon senso pratico, ed una piacevole facilità di adattamento. Salandra ha rivolto alla Camera un felice, vibrante appello alla sincerità – ed hanno ritrovata la sincerità, nel momento del voto, anche moltissimi di coloro sulla cui sincerità era più che lecito dubitare!... 394 sì – praticamente, i quattro quinti della Camera.
Squagliatisi alcuni pochi, pei quali il sospirato giuochetto alla crisi veniva a mancare; affermatisi contrari – oltre ai socialisti ufficiali, che oramai non possono avere altro atteggiamento – alcuni nazionalisti ed alcuni cattolici, che la invocata sincerità hanno portato alle estreme conseguenze, forse il più logico di tutti sarà sembrato il deputato di Novara, che anche questa volta, come altre molte, si è astenuto. Né sì, né no. né bene, né male. né lode, né biasimo. né fiducia, né sfiducia. Nulla. È troppo, ed è troppo poco!... La logica nel Parlamento – ripeto con Beniamino Franklin – è come un elefante nella bottega di un orologiaio!...
Fortunatamente alla logica del Parlamento può servire da commento la logica delle cifre: le entrate del tesoro italiano nei primi otto mesi dell’esercizio finanziario presente – cioè dal 1° luglio dell’anno scorso, vale a dire da quando cominciò la nostra guerra – hanno dati trecentosessanta milioni più che nel periodo corrispondente dell’anno anteriore. Non sono questi i segni di un paese dove dominino il disagio ed il malcontento. Gli oneri derivanti dallo stato di guerra li sentiamo tutti, in ogni classe, per ogni forma di attività, di iniziativa, di lavoro, ma vi sono una facilità di adattamento mirabile, una serenità invidiabile, una fiducia che gli eventi giustificheranno.
Ora con le notti meno lunghe del giorno stiamo passando – anche qui a Milano – al regime della penombra. Bologna fu la prima, con Venezia, a tingersi di notte con gradazioni verdoline o violacee. Ora assume i colori da ribalta romantica anche Milano. Non vi è uniformità, e nemmeno – diciamolo pure – disciplina. Avanti ad una lampada verde, ve n’è una bianchissima e smagliante. L’uniformità non è la caratteristica dei servizi pubblici a Milano. La sorveglianza urbana è oramai una funzione decorativa, oltre che un comodo impiego. Del resto, siamo in plenilunio, e se non provvede Domineddio con le sue nebbie, non sarà facile che i sorveglianti urbani riescano a mettere un paralume verde davanti alla luna, o a dichiararla in contravvenzione perché non si imbluastra come nella scena finale di Giulietta e Romeo. E se la luna fa come vuole, si può ben lasciare che i cittadini facciano anch’essi come vogliono!... Hanno sempre fatto così con Milano illuminata – figurarsi poi con Milano al buio!...
22 marzo