L’Illustrazione Italiana, 19 marzo 1916
Corriere
Le voci di pace... e la dichiarazione tedesca di guerra al Portogallo. Le dimissioni di von Tirpitz. Le valanghe. Gli umori e le discussioni della Camera. Il discorso di Hanotaux alla Scala. L‘Excelsior in tempo di guerra
– Dunque, gentile signora, ella, sulla fede di ciò che le ha detto il suo egregio marito, uomo di alta banca, è persuasa che la pace non è lontana?...
– Sì, certo: questo affermavasi ieri negli alti ambienti bancari, che sono gli osservatori meteorologici della politica...
– Sia pure; ma anche gli osservatori meteorologici veri sbagliano. Un meteorologo che si era messo tempo fa a predire il tempo da un mezzodì all’altro, dovette smettere ben presto: le sue previsioni non valevano nemmeno per dodici ore, sebbene i suoi fondamenti fossero scientifici, e fossero logiche le sue deduzioni!... Figurarsi predire la fine della guerra, proprio nel momento in cui arriva la ventisettesima dichiarazione di guerra – quella della Germania al Portogallo!...
– Sì, ma vede; questo è un bluff, un diversivo!...
– Sa anche questo lei!...
– È una mia deduzione. La Germania – e la violenta sua ostinazione contro Verdun, che dura, senza serii risultati, e con perdite enormi da ventiquattro giorni, lo dimostra – pensa ora a vibrare i colpi estremi, nell’illusione di migliorare la propria posizione per il momento delle trattative di pace... Come fa per terra, attorno a Verdun, si prepara a tentare altrettanto per mare. La guerra al Portogallo è, probabilmente, un diversivo, per spostare forze navali inglesi verso l’Atlantico e verso il Mediterraneo iberico...
– L’Inghilterra non si lascia prendere a simili gherminelle. Essa ha aumentata enormemente la potenzialità della propria marina militare in questi dieciotto mesi di guerra: le perdite inflittele dalle inevitabili vicende guerresche sono state da essa coperte con costruzioni duplicate – c’è anche chi dice, triplicate; e non c’è strategia navale tedesca che possa produrre spostamenti tali da indebolire o qua o là la superiorità navale britannica... Poi, alle spalle del Portogallo c’è quel terribile punto d’appoggio inglese che è Gibilterra...
– Che però non vale a scemare la insistenza delle insidie dei sottomarini tedeschi nel Mediterraneo...
– L’azione dei sottomarini, cara signora, produce, è vero, stragi crudeli ed impressionanti facendo tante vittime innocenti, ma quanto ad efficienza guerresca è nulla, o poco meno. È una nota obbrobriosa di più, dal punto di vista civile, umanitario, a carico dei tedeschi, ma non ha avuto e non avrà influenza sull’esito finale della guerra
– Però l’Inghilterra ha dovuto preoccuparsene...
– L’Inghilterra ha dato ordine alle grosse navi commerciali di armarsi, per difendersi contro i sommergibili...
– E la Germania ha accresciuto il numero dei sommergibili siluranti...
– Con tutto ciò l’ammiraglio von Tirpitz, che fu il primo a vantare la guerra dei sottomarini ai non combattenti, ha finito per perdere ogni illusione e si ritira proprio ora dall’alta direzione della marina tedesca...
– Si ritira per ragioni di salute...
– Oh! cara signora, in generale non si sta mai così bene di salute, come quando si adducono i «motivi di salute» per tirarsi fuori da qualche responsabilità o da qualche fastidio...
– Lo so; facciamo così anche noialtre signore, per non ricevere qualche noioso, o per astenerci da qualche riunione poco attraente...
– E così la von Tirpitz, ora che la guerra dei sommergibili, intensificata dal primo marzo, non dà i risultati attesi, e la vera marina da guerra tedesca sta per essere spinta per volere del Kaiser a qualche estremo tentativo, nel quale von Tirpitz non ha fiducia...
– Ebbene, se sarà così, tanto meglio. Trionferà nei fatti la mia tesi che la guerra non può più durare a lungo; e gli atteggiamenti disperati ed estremisti della Germania, per terra, per mare, ne sono una riprova.
– Vedo. Il suo è il ragionamento comunicato ieri stesso da Londra all’americano New York Herald di Parigi:
«La gloriosa lotta dei francesi di fronte a Verdun e le vittorie russe in Oriente hanno rinsaldato in Inghilterra la fede nel precipitare degli avvenimenti e lasciano prevedere una cosa che sarebbe stata impossibile alcune settimane fa, cioè la fine prossima della guerra.
«Al Lloyd si dà come termine per la cessazione delle operazioni generali la fine di luglio o il mese di agosto; ma il sentimento che predomina è che l’anno in corso vedrà la fine delle ostilità. Nelle importanti compagnie del West End prevale l’ottimismo e vi si concludono grossi affari per l’estate e l’autunno prossimi sulla base del tempo di pace».
Se sarà così, tanto meglio: frattanto si combatte, su tutti i fronti, con accanimento, e nemmeno l’ostinata perfidia del tempo orribile vale ad attenuare gli assalti e le arditissime imprese. I nostri valorosissimi soldati fanno giornalmente qualche brillante avanzata, sepolti come sono dalla neve, che ha raggiunto in certi luoghi – lo dice il generale Cadorna nei suoi bollettini – i dieci metri di altezza. Ed alleate della resistenza austriaca sono le valanghe.
Ad Oltrighe, nel bellunese, ne è precipitata sull’abitato, dalla cima Tre Alberi, una veramente enorme, alta almeno una trentina di metri, larga almeno settanta, lunga, dicono, quasi un chilometro, e le quattordici case di Oltrighe sono rimaste affatto schiacciate. Manco male che pare non vi siano che due vittime! Trentacinque invece si deplorano ad Asiago!...
A Ludrigno, nella bellissima valle Seriana, in territorio d’Ardesio – dove non c’è, a dir vero, nessuna azione di guerra – una valanga colossale ha travolte anche qui – come ad Oltrighe – altre quattordici case. I morti a Ludrigno sono otto, e forse più!...
Sopra Ardesio in fondo alla magnifica valle seriana è Bondione. Entrando in quel paese, a sinistra, si vedevano ancora, pochi anni addietro, gli avanzi di quattro case sepolte nello stesso modo che ora sono state sepolte quelle di Ludrigno!... La valanga immensa precipita tutto abbattendo, strappando, contorcendo nel suo percorso. Lo spostamento dell’aria scuote e rovescia ogni cosa anche a distanza. E dove la valanga travolgente si arresta, tutto sparisce sottodi essa... Poi, viene il bel tempo, viene il sole – l’immancabile sole, che, per volgere di secoli, illumina le magnifiche cose come le orribili – la neve si scioglie, le rovine delle case abbattute, schiacciate rimangono, e passano gli anni senza che, in quelle località sempre esposte alla minaccia, al pericolo, vi sia nemmeno chi si preoccupi di andare a rovistare fra le rovine. Io ricordo a Bondione, un lembo di lenzuolo, ingiallito dalle pioggie, che penzolava ancora fuori dalle rovine di una di quelle case schiacciate. Dava una sensazione dolorosa, perché si aveva l’idea che fosse un lembo di lenzuolo funebre ricuoprente ancora una delle vittime. La valanga si era abbattuta su quella casetta tre anni prima, e la rovina era lì, attuale, parlante... e nessuno ancora aveva osato scuoterla e interrogarla!...
Alla Camera le minacele, o di scioglimento o di crisi, che caratterizzarono i primi giorni di marzo – sono, o, per lo meno, paiono dileguate. «Come fu, come non fu?» – come dice la vecchia canzone napoletana. Quelli che notano e osservano tutto, dicono: il Re arrivò a Roma, ricevette Salandra, Sonnino, Marconi, Boselli, e la tempesta parlamentare dileguò.
Io non so, veramente, quale relazione possa avere avuta la visita rapida del Re a Roma – di dove, dopo ventiquattro ore, ripartì per il fronte – con l’attenuarsi dei malumori parlamentari. Sta in fatto che, dal punto di vista politico e belligero – dirò così – certe asprezze paiono di molto attenuate. Salandra vi concorse, accettando sulle questioni economiche tre mozioni, dopo avere ottenuto, con significazione di fiducia politica, il rinvio di quella del socialista Vigna sui sussidii alle famiglie dei richiamati. Ora questo problema, cacciato dalla porta, rientra per la finestra, giacché da due giorni la discussione delle questioni economiche è cominciata alla Camera. È uno di quegli ampii tornei dove un’oratoria, generalmente mediocre, trova il suo sfogo, e spesso questo serve a far dileguare ogni altra nube minacciosa. Sarà così anche questa volta?... La discussione, condurrà ad un voto e ad una crisi, o le cose rimarranno – almeno nelle persone – così come sono?... Vedremo. I bersagli della abbondante eloquenza dei critici sono i ministri Daneo (finanze) Cavasola (agricoltura e commercio) Grippo (istruzione) e Zupelli (guerra). Queste paiono – e lo erano già da tempo – le vittime designate. Salandra le lascerà liquidare?... Le cuoprirà con la propria solidarietà?... Vedremo. E se i quattro saranno liquidati, si troveranno veramente i quattro competenti e capaci che sappiano e possano fare meglio di loro?... Non sarà il solito giuochetto del «levati di lì che ci voglio venire io?...» Necessità reali del paese; o voglie di persone e di gruppi?!... Vedremo!...
Frattanto le varie frazioni così dette «interventiste» – o non è già intervenuta l’Italia nella guerra dal 24 maggio dell’anno scorso? – hanno abbassato anch’esse il tono: a sentirle ora – la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania non pare più così urgente, come la dicevano appena dieci giorni addietro. Anche questo è uno dei miracoli, forse, dell’abilità ministeriale spiegatasi in questi ultimi otto giorni. Vedremo il risultato finale – il voto politico – che i competenti preannunciano per sabato, a meno che la guerra delle parole – così lontana dalla guerra dei cannoni – non abbia da durare un’altra settimana. Tanto, le munizioni «parole» costano così poco nel nostro dolce paese!...
Abbiamo avuta alla Scala, lunedì, un’altra grande serata italo-francese. Per la beneficenza a favore dei soldati ciechi da rieducare ai doveri della vita, è stato economicamente un successo: ed un altro successo morale, spirituale è stato per la sempre più intima intesa fra Italia e Francia nella visione di un avvenire comune per la vittoria, e dopo la vittoria.
Gabriele Hanotaux, l’accademico ed ex-ministro francese, l’artista, lo scrittore, l’oratore finissimo fu il nume della serata memorabile.
Lasciatemi spigolare nel discorso dell’insigne maestro:
«Francia e Italia! Chi non sente 1’armonia di questi due nomi che si sposano come in un accordo? Francia e Italia, madri di bellezza, madri di libertà. In questa misteriosa prova alla quale la guerra presente sottopone la civiltà, le condizioni del problema sarebbero state falsate e il problema sarebbe apparso indecifrabile se l’Italia non si fosse schierata a banco delle Potenze alleate. La sua coscienza, la sua chiaroveggenza, il suo alto senso del diritto e del giusto tenevano in bilico la bilancia. Essa era libera: rifletté maturamente. Ora. in piena libertà, di piena scienza e prescienza, si è pronunziata. Nel suo verdetto, il verdetto definitivo è implicito. Grazie alla sua libera scelta è caduto nell’uno dei piatti tutto il peso di questa parola così piena e così pesante: Italia, Italia del passato, Italia del presente, Italia dell’avvenire...
«L’Italia ha preso per la gola il suo vecchio avversario, e lotta a corpo a corpo. Spero di poter visitare presto il fronte italiano. Andrò a vedere su quelle vette i miracoli dell’eroismo italiano, e, tornando in Francia, dirò e ripeterò ai miei compatriotti quanta ammirazione, quanta simpatia e quanta tenerezza meritino i giovani del cui sangue si arrossano le nevi eterne...
«... Il dado è gettato: bisogna vincere. E poiché questo compito grava sulla nostra generazione, soffra essa, ma lo compia. Dobbiamo farlo per i nostri padri, dobbiamo farlo per i nostri figli.
«L’Italia soffre e soffrirà anche più, perché occorre del sangue per riscattare, del sangue per battezzar l’avvenire. Il Moloch che pesava sul mondo vuol sangue: se ne riempirà fino a morire: ma i nostri campi ne saranno fecondati e magnifica sarà la nostra messe...
«Un nuovo ordinamento si stabilirà sulla terra, nella lunga pace futura, per l’opera concorde della Francia e dell’Italia, in armonia con le Potenze alleate…».
Ben detto!... Parole da maestro, quale Hanotaux è, per consenso unanime, a tutti noi che pensiamo e scriviamo. Sarà come Hanotaux ha detto: «bisogna vincere» – e vinceremo!... E allora dovrà avere, quanto e più che nei giorni della battaglia, tutto il suo valore la vibrante invocazione ai due nomi di «Francia e Italia, madri di bellezza, madri di libertà che si sposano come in un accordo!...» Queste parole di Hanotaux io tesoreggio come prezioso metallo inciso e coniato. Le tesoreggio per la storia, che coglie il presente, ma si riserba per l’avvenire!...
Alla Scala, lunedì sera, ammirando ancora quella magnifica sala, vedendovi quella folla elegante, entusiasta e commossa, partecipando a quell’espressione unanime, generale, concorde, di fiducia e di finezza, di sentimento e di benessere, di operosità fattiva e di buon gusto espressivo, si sentiva, ancor più che nelle altre sere, la forte dissonanza, la sconcordanza, l’anacronismo psicologico, ed’anti-estetico di quel rimescolato Excelsior_– l’opera d’arte che fece il giro di tutti i teatri del mondo, ideata dalla genialità di Manzotti – e ridotta ora da moderni e solleciti combinatori di fortunate «riviste» ad un insieme di incongruenze che soltanto una critica deliberatamente compiacente ha potuto menar buone.
Io ricordo un gustosissimo articolo di Eugenio Torelli-Viollier, quando un giornalista, già allora bene in vista, il Romussi, pubblicò la sua prima edizione – non poco criticabile – del volume, poi riveduto e rifatto, Milano e i suoi monumenti. Tutti stamparono lodi e Romussi se ne compiacque. Ma Torelli saltò fuori a dire: «il Romussi è un giornalista. Se avesse esercitata un’altra professione, a quest’ora i giornali gli avrebbero levata la pelle. Ma si tratta di un collega, di un uomo che può vendicarsi un giorno o l’altro a misura di carbone: bisogna rispettarlo... Diciamolo – concludeva Torelli – questa frammassoneria dei giornalisti è scandalosa!...»
Non è qui il caso di adoperare grosse parole: ma, senza dubbio, la trasformazione – chiamiamola così – dell’Excelsior di Manzotti dovuta al collega Renato Simoni ed a Caramba – che fu a’suoi tempi, giornalista anch’egli, a Torino – a Torelli redivivo avrebbe certo inspirata una nota discordante dal coro di lodi dei colleghi compiacenti.
I due ideatori del nuovo Excelsior hanno troppo ingegno, troppo spirito, troppo buon gusto, perché non possa non essere sfuggita a loro stessi la scarsa convenienza di prendere un’opera originale, tipica, universalmente nota e celebrata, come l’Excelsior di Manzotti, per farne…quello che essi ne hanno fatto, compresi i gas asfissianti! Se la loro incontestabile genialità voleva trarre dai grandi avvenimenti tragici di quest’ora persino un’azione coreografica – sia pure!... Ma l’Excelsior di Manzotti dovevano lasciarlo stare. Potevano creare ex novo, far musicare ex novo un’altra cosa, originale, caratteristica, propria, senza abbarbicarsi in nessun modo ad un’opera d’arte – che tale è l’Excelsior vero nel suo genere – che servisse alla nuova da puntello.
Poi, francamente, sia l’Excelsior rifatto, sia quella qualunque altra azione coreografica che i due geniali ideatori di riviste sceniche di attualità avessero messo insieme di tal genere, – poteva trovare benissimo, a Milano specialmente, il suo ambiente, il suo pubblico – ed il successo, senza dubbio, non le sarebbe in nessun modo mancato – in teatri come il Dal Verme, o il Kursaal – ma non sul palcoscenico della Scala. Questa ambientazione è, a dir poco, una stonatura. La Scala è ambiente tradizionale di alte consacrazioni estetiche; non urtano con le sue tradizioni artistiche le grandi celebrazioni idealistiche, patriottiche, squisitamente intellettuali, che, nell’ora presente, hanno preso nome da Maeterlinck, da D’Annunzio, da Hanotaux... Da queste, alla nuova edizione dell’Excelsior del povero Manzotti, ci corre un po’troppo!...
15 marzo