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 1916  marzo 05 Domenica calendario

Necrologi

Ferdinando Galanti
Ferdinando Galanti, il più delicato poeta sorto dopo Luigi Carrèr a Venezia, morì a 77 anni in quella città dov’era nato e dove insegnò più anni belle lettere, prima di passare preside del Liceo Tito Livio a Padova. Emigrato a Torino quando la Venezia era oppressa dagli austriaci, si consacrò colà al giornalismo e, con fervore, alla letteratura: pubblicò un poema. La libertà universale, lodato dal Mamiani; poi a Firenze presso il Le Monnier, liriche varie con prefazione di Arnaldo Fusinato e, a Milano, Spirito e cose, volumetto edito dalla Casa Treves nel 1895, con prefazione di Angelo De Gubernatis; e poi altri versi, il carattere costante dei quali è l’amore della vita: serene sono tutte le sue terse liriche, anche quelle ispirate dal dolore. La sua bellissima ode I bambini è passata agli onori delle antologie. Limpido, armonioso prosatore, pubblicò vari studi letterari, fra i quali eccelle il meditato volume su Carlo Goldoni. Da ultimo, pubblicò uno studio su Ugo Foscolo, in seguito a nuove ricerche. Era membro effettivo del R. Istituto Veneto, che, al rovescio dell’Istituto Lombardo, accoglie anche scrittori, poeti, romanzieri, come già il Fogazzaro, il Castelnuovo, ecc. Ferdinando Galanti (che rassomigliava in modo strano nell’aspetto a Torquato Tasso) insegnò la nobiltà degli ideali letterari e l’amore degli studi sereni a due generazioni di giovani, che lo amarono di riconoscente affetto.

b.


Giovanni Abignente

Con la morte del deputato Giovanni Abignente è scomparso un uomo che, per non breve tempo, figurò fra i più notevoli e promettenti negli ambienti universitari e nel Parlamento. Nato a Sarna (Abruzzi) da distinta famiglia, che aveva già dato al primo Parlamento nazionale un uomo di valore quale fu Filippo Abignente; a 19 anni Giovanni era già laureato in giurisprudenza; poco dopo entrò nella magistratura, dalla quale, per predilezione per l’insegnamento, passò con bellissimi esami nel novero dei professori universitari, esercitando contemporaneamente con successo l’avvocatura. La storia del diritto, che egli predilesse, ebbe da lui volumi apprezzatissimi, come il Diritto successorio nelle provincie napoletane dal 500 al 1860 – la proprietà del sottosuolo – insegnamenti della storia del diritto in Italia – la schiavitù nei rapporti con la chiesa e col laicato. Per le sue brillanti qualità d’ingegno e di spirito gli elettori di Mercato San Severino lo scelsero a loro deputato di sinistra costituzionale, nelle elezioni generali del 1900: ed appena fu alla Camera emerse come oratore facile, pronto, sicuro, coltissimo, specialmente versato nelle questioni di diritto e di finanza. Arrivò così, rapidamente, ad un posto ambito e delicato – la presidenza della Giunta del bilancio, e tutti vedevano già in lui un prossimo ministro, quando, avvenuta l’inchiesta per il Palazzo di Giustizia, egli ne fu colpito pei suoi rapporti coi componenti l’impresa Ricciardi, Borelli, Mannaiolo – testé prosciolti da procedimento giudiziario per prescrizione delle imputazioni loro fatte. Abignente si difese vigorosamente, volle dimostrare che non trattavasi che di rapporti professionali, anteriori, per giunta, al suo mandato politico; ma la Camera – specie dopo un’acuta requisitoria di un altro altrimenti travolto – il deputato socialista Calda – si pronunciò contro di lui come contro gli altri deputati censurati. A differenza di codesti suoi colleghi però, egli ebbe ancora la fiducia degli elettori, che lo rimandarono alla Camera, ma oramai non gli restava che tenersi in disparte, confortandosi della professione e degli studi prediletti. Colpito un quindici giorni sono da una ostinata forma di influenza, si è spento a soli 61 anni, invecchiato dalle amare vicende.