Corriere della Sera, 23 agosto 2016
I kolossal non funzionano più
Era una formula semplice: puntare tutto sui film d’azione, pieni di effetti speciali, meglio ancora se basati su personaggi già conosciuti come i supereroi. Investimenti molto forti ma con un ritorno globale enorme al botteghino. Fino all’anno scorso ha funzionato, per una serie di motivi molto semplici: i personaggi dei fumetti fanno da una parte risparmiare sul costosissimo marketing (tutti sanno, in tutto il mondo, chi siano l’Uomo Ragno o Batman o Capitan America o Superman e non c’è bisogno di spiegarlo con gli spot, basta segnalare l’uscita) e sulle grandi star (a volte non ci sono, come nel remake di Ben Hur affidato allo sconosciuto Jack Huston, nipote del regista John; e altre star sono ridotte a comparse come Will Smith e Jared Leto in Suicide Squad ). Dall’altra i personaggi già conosciuti – meglio se provenienti dai fumetti – aprono infinite possibilità di «espansione del marchio» come il marketing dei giocattoli, delle merendine, dei pasti dedicati nelle catene di fast food, nei parchi a tema (la Disney nel 2012 ha comprato i diritti sulla saga di Star Wars per 4 miliardi di dollari con l’obbiettivo di usarla non solo per i film ma come attrazione hi-tech per le varie Disneyland mondiali).
Ora però il Wall Street Journal è andato a fare le pulci ai numeri del botteghino e ha confermato un’impressione che era già venuta a molti prendendo atto dei molti flop del 2016: in quella che il giornale finanziario ha ribattezzato «l’estate degli sbadigli» 15 kolossal hanno bucato in maniera più o meno clamorosa. Hollywood ha mandato nelle sale molti film costosi in più, rispetto al 2015, per raccogliere una cifra complessiva di poco superiore.
Uscire da questo meccanismo – un tempo virtuoso – che oggi mostra clamorosamente la corda, è molto difficile, specialmente perché Hollywood deve aggiustare in corsa questa macchina costosissima il cui motore non spinge più. Film molto costosi da realizzare per complessità della lavorazione e degli effetti speciali (basta vedere gli interminabili titoli di coda) come Warcraft e The Huntsman – Winter’s War e il sequel di Independence Day e il nuovo Tarzan e il sequel con cast femminile di Ghostbusters e delle Tartarughe Ninja ? Tutti flop.
Suicide Squad per ora ha incassato 222 milioni di dollari negli Stati Uniti ma al secondo weekend nelle sale è crollato del 67%, difficile che si riprenda. Il paradosso di un film come Batman contro Superman è che pur avendo incassato globalmente 873 milioni di dollari (771 milioni di euro) ha deluso le aspettative: è costato 250 milioni per la produzione e quasi altri 200 in promozione, doveva arrivare a 1 miliardo di dollari che è il vero traguardo dei nuovi kolossal.
È stato redditizio scommettere per tanti anni su pochi film costosissimi ma capaci poi di sfondare il tetto di 1 miliardo di dollari di box office globale: però sono state penalizzate tante colonne portanti dell’industria del cinema da più di un secolo. E cioè i divi e le dive, i grandi registi, le storie. Gli attori? Trasformati in controfigure o appendici degli effetti speciali, costretti a recitare davanti a teloni verdi sui quali, digitalmente, vengono poi aggiunti in post produzione effetti speciali, paesaggi – o interi personaggi – creati al computer. Recentemente due attori lanciatissimi come Armie Hammer ( The Lone Ranger, il nuovo Guadagnino e il nuovo Tom Ford) e Luke Evans (la saga dello Hobbit ) spiegavano al Corriere come il lavoro di attore a Hollywood ormai comporti la necessità di imparare arti marziali, scalare montagne con il free-climbing, gonfiarsi alla bisogna di muscoli. La recitazione? In secondo piano, specie se il partner è un mostro digitale.
I registi? Hollywood ha ritenuto che per il nuovo Ben Hur bastasse l’anonimo regista kazako Timur Bekmambetov. Proprio lo stroncatissimo remake di Ben-Hur, delusione al botteghino (la versione del 1959 era stata affidata per la regia a William Wyler e per il ruolo di protagonista a Charlton Heston, vinse 11 Oscar e sbancò il box office) è secondo Variety la cartina di tornasole della crisi: il giornale ha appena pubblicato un corsivo molto duro sul «disastro emblematico» del nuovo Ben Hur, sul «fallimento che dimostra come le stelle del cinema siano sempre importanti», perché «la colpa è dei produttori e dei manager che hanno deciso che semplicemente non c’era bisogno di una star, bastava un bell’uomo come Heston, occhi azzurri, espressione così così».