Libero, 21 agosto 2016
A casa di Carlo Marx, tra due figlie suicide, il genero ozioso e i creditori alla porta
Fu nel 1954 che in Mio marito Carlo Marx Indro Montanelli immaginò la moglie del creatore del comunismo che racconta la genesi del Capitale dal punto di vista di una casalinga disperata. «La modestia non è mai stata il forte di mio marito, e io dubito assai, conoscendone la storia dal di dentro, che questo libro sia così sconvolgente come sostiene», commenta la povera donna. «Ma a furia di vivere come fuoriuscita qui a Londra fra i fuoriusciti di tutti il mondo, confesso che non riesco più a distinguere i geni dagl’imbecilli». «Chi mi dice che Carlo non sia effettivamente un grand’uomo e non abbia davvero scritto, col Capitale, qualcosa di decisivo?». Giovane di nobile famiglia, la baronessa Jenny von Westphalen ha lasciato una vita di agi per seguire quel fascinoso rivoluzionario, ed è «precipitata in un miserabile ghetto, tra poeti falliti e profeti inascoltati». Intellettuale presuntuoso, uomo privo di senso pratico, politico rancoroso e autoritario, Carlo è rivoluzionario soprattutto per «complesso d’inferiorità del marito piccolo borghese d’una moglie aristocratica, inteso, per innalzarsi fino a lei, ad abbassare tutti gli altri». «L’altro giorno, quando il piccolo Lafargue è venuto a chiedere la mano di nostra figlia Laura, gli è scappato detto: “Capirete, caro ragazzo, che prima di consentirci di entrare nella famiglia di una Baronessa von Westphalen, ho il dovere di prendere informazioni su quella vostra”». Quel «libello», come Montanelli lo definiva, è stato ripubblicato dal Corriere della Sera nel maggio del 2015. Ma lo scorso giugno anche Paul Lafargue, il mulatto cubano marito di Laura Marx, secondogenita di Karl e Jenny, è riapparso in italiano col suo pamphlet più famoso: Il diritto all’ozio (La Vita Felice, pp. 122, euro 10,50). E poco prima Oltre edizioni ha fatto uscire la biografia pop Miss Marx. La figlia del Capitale (pp. 170, euro 14): la vita della terzogenita Eleanor, narrata da Barbara Minniti. Il libello di Montanelli non vi è citato, ma la storia di questa donna con «un cognome che oggi sarebbe pesante da portare» ci riporta proprio nelle stesse due misere stanzette di Soho assediate dai creditori dove abbiamo lasciato Jenny. Per Eleanor detta “Tussy”, che oltre a socialista vuole essere anche femminista, l’eredità del padre e di “zio” Engels sarà un fardello pesante. Nel 1898 Tussy ha appena 43 anni, quando manda la domestica in farmacia a comprare il cianuro per suicidarsi. Ma anche Laura e Lafargue si uccideranno col cianuro, 13 anni dopo. Nel libello montanelliano Jenny racconta che «solo dopo aver raccolto le prove che questi Lafargue sono gente dabbene e facoltosa, si è deciso a dare il consenso, ma con qualche riserva. “Non sono nulla di più che dei borghesi”, ha detto con sufficienza, “ma rispettabili, con qualche tradizione e a posto: sia come moralità che come finanze”». In seguito divulgatore del pensiero del suocero, Laforgue pubblica a puntate Il diritto all’ozio sulla rivista L’Egalité già nel 1880, quando ancora Marx è vivo. In tempi di società liquida e richieste di reddito di cittadinanza il pamphlet è oggi ripubblicato con un occhio all’attualità della disoccupazione da nuove tecnologie (nel finale la macchina invece «è definita il redentore dell’umanità, il Dio che riscatterà gli uomini dalle sordidae artes e dal lavoro salariato, il Dio che gli farà dono dell’ozio e della libertà») e sembra effettivamente anticipare dibattiti attuali. Lafargue però si spinge fino a un elogio della crapula e del dolce far niente che attacca frontalmente la «follia» della classe operaia amante del lavoro, ed esalta invece il disprezzo dei filosofi antichi per coloro che vivevano delle proprie abilità manuali. E qui siamo del tutto fuori rispetto al Marx teorico elogiatore della borghesia che «ha compiuto ben altre meraviglie che le piramidi egiziane, acquedotti romani e cattedrali gotiche, ha portato a termine ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate»; forse più in linea rispetto al Marx vero descritto dalla Jenny montanelliana; ma di nuovo fuori rispetto al Lafargue «buon borghese» cui viene concessa la mano di Laura. Ma probabilmente qua più che agli storici bisognerebbe lasciare il posto agli sceneggiatori. Una sitcom tipo Casa Marx, in cui magari il filosofo che cerca di scampare ai creditori si ispiri all’indimenticabile Totò di Miseria e nobiltà...