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 2016  agosto 21 Domenica calendario

Troppa ansia, ecco come si crea un paese di bamboccioni

Catania, giorni scorsi: la madre e il figlio di due anni sono in giardino quando i loro cani impazziscono e assaltano il bambino; la madre è lì, cerca di opporsi, ma viene ferita e il bambino alla fine muore. Lei indagata per omicidio colposo e poi per abbandono di minore. Bologna, inizio agosto: la madre va al supermercato a lascia a casa il figlio di 8 anni e il nipotino di 3, ma quest’ultimo rimane chiuso in terrazzino e l’altro tira un calcio alla portafinestra, il vetro si rompe e gli recide l’arteria femorale, emorragia, morto. Lei indagata per omicidio e poi per abbandono di minore. Ora: si possono fare cento discorsi sui cani, su due bambini lasciati a casa per mezz’ora e sull’invasività dello strumento penale nei drammi o nelle fatalità della vita. Nel primo caso, oltretutto, la madre era presente ma non ha potuto nulla. Nel secondo, è vero, non era presente, ma va detto che se il bambino si fosse ferito in sua presenza sarebbe cambiato poco: una ferita all’arteria femorale uccide in pochi minuti e tamponarla è affare da professionisti. Ma il discorso non è questo, magari è giusto indagare, non so. Al di là di questo, ho una certezza: è un altro mondo. Abbandono di minore: non so voi, ma ai tempi miei era abbandono di maggiore, sparivamo per pomeriggi interi e ne combinavamo d’ogni sorta, la sera sembravamo reduci di guerra e i genitori dovevano sgolarsi per ricondurci all’ovile. A 7 anni era normale andare a scuola da soli, altro che mamme col suv. Parlo degli anni Settanta, non dei tempi di Tom Sawyer e dei Ragazzi della via Pal. Ai bambini e ai ragazzi capitava di stare da soli: oggi, in teoria, tra asili, scuola, doposcuola e babysitter, un minore di 14 anni non potrebbe stare da solo mai, pena l’avviso di garanzia e il processo sui social.
PRESTATORI D’ATTENZIONE
Nell’affrontare questo discorso non nascondo un certo disagio: dire che «i tempi sono cambiati» è roba da panchine dei giardinetti o, se va bene, da seminario dell’Eurispes. Dire che «una volta era diverso» è roba da teoria del ritardo culturale di William Ogburn o da vecchie cornacchie del giornalismo: ciò posto, i tempi sono cambiati e una volta era diverso. Non voglio dire che si stesse meglio quando si stava peggio: però si stava. In qualche modo si stava, anche senza il controllo spasmodico dei genitori e dei vari prestatori d’attenzione, senza, per dire, cinture di sicurezza, senza airbag, senza medicinali con chiusure speciali, fottendosene se si beveva dalla canna del giardino o dalla stessa bottiglia, lanciandosi in bicicletta senza freni e sfracellandosi senza tante storie, sempre pieni di croste e abrasioni e ferite e lividi ma senza drammi, fuori di casa tutto il giorno senza che i genitori ci regalassero un telefonino, anche perché non c’era l’Ipad, non c’era Sky, anzi, chi rimaneva in casa era un mezzo disadattato, un cocco di mamma, e si facevano – orrore – cose turpi, si giocava con gli insetti, si tagliava la coda alle lucertole, si bocciava in seconda elementare senza che i genitori invadessero la scuola con la scimitarra, ti mettevano in castigo e nessuno chiamava l’assistente sociale, roba così, discorsi da vecchio trombone fatti da chi – lo scrivente – per ora è solo trombone. Chiedo solo che sia messo agli atti. Chiedo che si consideri anche questo insignificante dato a margine del prossimo pensoso dibattito sui “Neet” (ragazzi fra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, spesso non hanno finito le scuole superiori o hanno mollato l’università: vivono sulle spalle dei genitori in una quantità che è un altro primato italiano) o sui più popolari “bamboccioni”, che a loro volta vivono coi genitori il 20 per cento in più della media europea.
SOCIETÀ OPPRESSIVA
 Sì, certo, i problemi sono altri, la crisi eccetera, ci hanno rubato il futuro eccetera: ma, se rimanesse un po’ di tempo, ci si potrebbe anche chiedere se la famosa generazione perduta non se la siano perduta anche un po’ i genitori. E, con loro, una società oppressiva e una magistratura pure: l’art. 591, quello che regola l’abbandono di minore, sarebbe rivolto a “chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura”. È roba che era stata pensata per le babysitter, gli insegnanti, gli infermieri, i bagnini, le guide alpine e, nei casi limite, i genitori. Sta di fatto che un minore di 14 anni viene equiparato all’incapace. E sta di fatto che molti genitori, evidentemente, è quello che pensano del loro figlio.