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 2016  agosto 21 Domenica calendario

L’Angola, il primo paese che ha vietato l’Islam

Già dal 2013 l’Angola aveva attirato l’attenzione del mondo come il primo, e finora unico, Paese in cui l’islam, praticamente è messo al bando. Il governo di Luanda ha sempre cercato di minimizzare, ma in questi giorni, in concomitanza col congresso del partito di governo MPLA, il ministro della Cultura angolano, la signora Rosa Cruz E Silva, ha confermato: «La legalizzazione dell’islam non è stata approvata dal Ministero della Giustizia e dei Diritti Umani e le moschee dei musulmani saranno chiuse fino a nuovo ordine». La ministra ha riaffermato quindi che la religione musulmana, minoritaria in Angola, viene considerata una mera «setta», una delle ben 194 non riconosciute dalla legge.
Un altro esponente del governo, il sottosegretario agli Affari Religiosi Manuel Fernando, sostiene che «in Angola non c’è una guerra fra l’islam e le altre religioni e non c’è una posizione ufficiale che miri alla distruzione o alla chiusura di luoghi di culto». È vero però che fin dal novembre 2013 si susseguono notizie di demolizione di moschee abusive, dato che la fede maomettana non è legale. Sono state chiuse o abbattute più di 60 moschee, di cui una delle ultime, lo scorso giugno, la moschea Zango di Viana Luanda, sobborgo Est della capitale. Demolizioni negate dal governo, ma dimostrate da foto e video. Il problema sarebbe ben più che burocratico, se è vero che un rappresentante del Ministero della Giustizia, Vitorino Mario ha affermato: «La questione non è l’islam in sé, ma una serie di problemi legati a questa religione, i quali non si accordano con le regole costituzionali vigenti in questo Paese. Le attività islamiche sono ai margini della legge».
In Angola, le moschee non si possono costruire in quanto non si tratta di una fede riconosciuta. E non è una fede riconosciuta perché il numero dei fedeli musulmani è insufficiente. Per la Costituzione, una religione è legale se supera 100.000 fedeli. L’Angola ha una popolazione di 24 milioni di persone, di cui almeno il 55% cristiani cattolici, un 25% di protestanti o di varie chiese avventiste, frammisti a elementi animisti, che professano i vari culti tradizionali indigeni. L’islam, invece, conterebbe un numero di fedeli incerto, data l’insicurezza dell’anagrafe locale, ma compreso fra 50.000 e 80.000 persone. E la maggior parte di essi originari di altre nazioni africane, specie del Golfo di Guinea, oppure libanesi, tutti immigrati nell’ex-colonia portoghese per l’economia petrolifera. Ma non avendo alcun riconoscimento, l’inflessibile legge angolana prevede che non possano aprire luoghi di culto. E certo i timori legati al terrorismo jihadista contribuiscono a tenere alta la guardia negli ultimi tempi.