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 2016  agosto 21 Domenica calendario

Chi verrà dopo Bolt?

La vita dopo Bolt che facce avrà? Per un attimo è sembrato un miraggio o forse il futuro: in prima posizione all’ultimo cambio della staffetta veloce c’era un ragazzo nero, in tutina salmone, con la maglia del Giappone. Chi era quel Manga? Nella finale della 4x100? Davanti alla Giamaica di Bolt e all’America di Gatlin? Sì Aska Cambridge, 23enne con madre giapponese e padre giamaicano, era in testa. A 28”1 era lui il primo, a 33”3 era secondo: Bolt con tre falcate se l’era mangiato. Ma per il Giappone, argento e record asiatico (37”60), è il miglior risultato della storia dopo il bronzo a Pechino 2008. E il segno che qualcosa si muove se quattro ragazzi che nessuno conosceva (Ryota Yamagata, Shota Iizuka. Kiryu Yoshihide e Aska Cambridge) arrivano con dei cambi perfetti alle spalle di Mister Fast. I ragazzi confermano. «Da sei mesi, da marzo, ogni giorno ci alleniamo sul passaggio del testimone».
Il re dello sprint lascia i Giochi. Non ha eredi, ma altri tipi di Bolt. La sua ultima volta olimpica è la prima volta di altri. André De Grasse, canadese, 22 anni, tre medaglie Rio, braccio tatuato, fisico nomale, compagno di scherzi con Bolt in gara. 9”91 sui 100, 19”78 nei 200. Alle spalle ha una storia di redenzione. Gareggia per l’università di Southern California, Usa, viene da Markham, Ontario, ha un padre che viene dalla Bahamas e una madre Beverley, originaria di Trinidad, che gli ha dato patrimonio genetico di prima qualità. Dalle isole accanto al Venezuela sono venuti Hasely Crawford, Ato Boldon, Richards. De Grasse cresce a Markham, periferia di Toronto: bande e stupefacenti. Anche lui finisce dentro quell’errore. «Ricordando la fine che hanno fatto tanti miei amici, posso dire che l’atletica mi ha salvato la vita». Il primo passo è una gara giovanile: si presenta in calzoncini da basket e non sa usare i blocchi. Corre in 10”90 e Tony Sharpe decide che forse è il caso di occuparsi di lui. Sharpe, origine giamaicana, bronzo nella 4x100 a Los Angeles ’84, allenato da Charlie Francis, quello che dava ormoni di cavallo a Ben Johnson, finisce nello scandalo doping che travolge il Canada a fine anni Ottanta. Sharpe davanti alla commissione Dubin confessa l’uso di steroidi. È ormai uno rovinato, quando passa ad allenare nessuno lo vuole, lo riabilitano nel 2012, e quando trova Andre è il riscatto. Il sogno di De Grasse? «Entrare nello stadio e sentire lo stesso boato che accompagna l’ingresso di Bolt».
Ma il domani appartiene soprattutto al sudafricano Wayde van Niekerk. Il suo record mondiale sui 400 è immenso (43”03). Toglie il feudo agli americani che lo occupavano da sempre e oscura dopo 17 anni il primato di Michael Johnson che nel correrlo aveva parlato di «massacro». Quella di Wayde è stata una corsa in solitario: piede alato, leggera e potente. I rilevamenti parziali parlano di 20”7 ai 200, di 31”0 ai 300 e di 12” sull’ultimo rettilineo. E alla fine stavolta nessun collasso (come ai mondiali di Pechino un anno fa). Van Niekerk è nato nel ’92, due anni dopo la liberazione di Nelson Mandela, è di Capetown e vive Bloemfontein, Orange Free State. Suo padre se n’è andato, sua madre convive con un altro uomo, con cui lui ha buoni rapporti. Wayde per molto tempo non ha avuto i soldi per comprarsi delle scarpe sportive (ora problema risolto) ed è allenato da una signora bianca, con occhiali, capelli argentati e vestito a fiorellini, che si chiama Ans Botha, 74 anni, già ribattezzata nonna coach. Ha ricevuto l’abbraccio di Usain, lui ricambia :«Bolt mi ha ispirato». Ai mondiali di Londra farà 200 e 400. Si apre una nuova era. Sulla scia di Bolt altre comete nascono.