la Repubblica, 21 agosto 2016
I tassi a zero ora li pagano i correntisti
I tassi passivi iniziano a mordere i fianchi dei clienti delle banche. In Germania, Svizzera, Danimarca, Francia il tasso di interesse negativo sui depositi è una realtà crescente, che i correntisti stanno assaporando come corollario della politica espansiva delle Banche centrali europee. E gli istituti italiani? I tassi negativi qui non ci sono ancora: anche perché il rendimento del Btp decennale (basso, ma sempre l’1,1% annuo) rende ancora conveniente il “carry trade”, che consiste nell’investire in titoli di Stato il denaro dei depositanti. Una pratica che le banche estendono al 50-60% di tutte le somme non vincolate che raccolgono.
Tuttavia le evidenze di politica monetaria dicono che i primi esperimenti di penale sui conti potrebbero essere messi nei budget d’autunno, per concretizzarsi l’anno prossimo anche in Italia. «Se i tassi negativi continuano, ritengo che ci si potrebbe arrivare nel 2017, almeno sulle grandi somme», commenta Stefano Caselli, prorettore dell’Università Bocconi e ordinario del dipartimento Finanza. Caselli vede crescenti mosse delle banche italiane nei prossimi mesi per rilanciare la voce margine di interesse, dopo che la progressiva chiusura della forbice sui tassi attivi/passivi dal 2007 ha fatto sparire per loro 10 miliardi di ricavi.
Un’altra tendenza sarà l’ulteriore polarizzazione di costi tra i conti correnti digitali – per cui si spendono circa 10 euro l’anno – e quelli tradizionali, che già costano in media 131 euro: «Mi sembra che il cambiamento vero sui prezzi dei conti debba ancora arrivare – aggiunge Caselli – certo la convenienza dei prodotti online si dovrà distinguere in modo molto più forte dei prodotti fisici, che in questo scenario hanno costi molto diversi».
Ma l’intento di un po’ tutti i banchieri, anche italiani, di “riallineare gli spread” mostra alcune misure già in atto. Tra gennaio e giugno, in base alle rilevazioni Bocconi-Corriere Economia, l’indicatore di costo sintetico annuo dei conti correnti (Isc) per famiglie con operatività media è salito del 6% a 134,9 euro, con aumenti per circa metà dei maggiori istituti. Di converso, il tasso medio dei depositi bancari a pacchetto è molto vicino allo zero: 0,0003%, dallo 0,004% di gennaio.
Ma nuovi rincari arriveranno, per operazioni, carte di credito e in forma di ampliamento dell’offerta di servizi. Unicredit, con i conti Subito banca store, cerca di vendere ai correntisti mutui casa, polizze danni e vita, e forme preautorizzate di prestito per invogliare il correntista a indebitarsi. Ubi ha appena aumentato da 15 a 27 euro il canone annuo dei suoi conti, giustificandosi non con i tassi zero ma con l’aumento dei “costi di produzione” sostenuti, che quantifica in 60 milioni in più nel 2016 per i versamenti ai nuovi fondi di risoluzione e di tutela dei depositi previsti dalle direttive Ue. Detto che i due fondi entrano in vigore tra un decennio, potrebbe essere un’altra voce di aggravio per tutti gli istituti.