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 2016  agosto 21 Domenica calendario

Sull’Adriatico un campionario di razze in umido. L’estate del 1926 raccontata da Arnaldo Fraccaroli

Stralcio dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 15 agosto 1926 con il titolo «Campionario di razze in umido»

«Jo napot kivanok». «Dgien dobre». «Cut Morgen». Niente paura. Sono i saluti giornalieri che più si sentono in alcune zone del litorale adriatico, saluti in ungherese, in slavo, in tedesco, e in qualche altra lingua inventata per dar modo all’umanità di non capirsi da un paese all’altro. A volte in certi ambienti ti viene voglia di domandare: «Scusi, qui si parla anche italiano?».
Ma certo, si parla italiano dappertutto, anche dove si parla straniero. Basta avvertire prima e si trovano anche graziose sorprese: si sente piacevolmente rispondere in italiano da bagnanti che un momento prima stavano facendo esercitazioni di scioglilingua in parlata straniera, e sono orgogliosi di farvi notare la loro pronuncia esatta.
A volte si trova anche l’altra sorpresa: gruppetti che parlano tranquillamente in italiano fra di loro con un accento curioso: di quale regione saranno? Sono stranieri che fanno esercizio di conversazione italiana, allenamento in privato per fare poi bella figura in pubblico.
Quelle due signorine, pigiama con tutti i colori dell’arcobaleno tagliati a fette a cubi a rombi sopra una seta leggerissima, capelli biondi cortissimi, occhi azzurri, che giocano sulla sabbia lanciandosi richiami e parole in italiano? Sono due viennesi. Quella giovine coppia che sotto una tenda insegna a due piccoli a sillabare parole e saluti e complimenti italiani? Coppia ungherese. Quei bambini che si rincorrono fra le ultime ondate del mare e la prima sabbia umidiccia sgambettando fra perline d’acqua e schizzi di rena bagnata e parlottano in italiano sono bambini di tutti i paesi che a giocare con bambini italiani han preso l’aria o le voci del paese. Un mese di bagni e torneranno a casa con un notevole dizionario di parole nostre.
Così la cura si completa: bagni, sole, e corso pratico di lingua parlata. Sulla costa adriatica è una invasione di stranieri. Si raggruppano generalmente a colonie, per nazionalità, formano piccoli nuclei. Il palazzo della Società delle Nazioni a Ginevra non offre tanta regolarità di divisioni e tanta esattezza di commi. Probabilmente perché qui ci sono meno funzionari.
Per il bagnante italiano che voglia farsi una cultura di usi e costumi stranieri (costumi da bagno, s’intende) la spiaggia adriatica è preziosa. Si viaggia restando fermi, si giran Paesi lontani facendo pochi passi. «Andiamo in Ceco-Slovacchia?». Ma sì, andiamo: è un interessante e piacevole Paese. Eccolo qui: se non il Paese; troviamo almeno gli abitanti. Che sono interessanti molto. E le abitanti. Che sono più interessanti ancora.
Riccione ne offre un campionario vastissimo e vario. Già, Riccione è un catalogo di tipi, un repertorio di razze. Molti italiani, molti ceco-slovacchi, molti austriaci, molti ungheresi. Piacevole carriera questa di Riccione. Fino a pochi anni addietro era una spiaggetta, una specie di sobborgo di Rimini: qualche villino, alcune capanne.
Adesso? È una delle spiagge più frequentate, è una amabile cittadina che ingrandisce a vista d’occhio, vi spuntano nuove villette di continuo come funghi, umidità in meno, da un anno all’altro la si trova mutata, sviluppata, abbellita. Era un villaggetto, da tre anni è sede di un Municipio, il Municipio del Comune di Riccione, e il Comune si allunga sempre più verso Rimini da una parte e verso Cattolica dall’altra con sfilate di ville, e alberghi, e pensioni, con bei viali lunghissimi e larghi e ombrosi, ché tutta la cittadina ha la deliziosa risorsa di distendersi tra filari d’alberi in una fresca oasi di verdura dove s’annidano le case, al di qua della larga zona di sabbia che discende in leggero declivio al mare.
Cittadina balneare nella quale accanto a preludi di vita elegante e a buoni alberghi con idee di grandezza si trova ancora la grazia rustica di negozietti campestri e di banchi di frutta all’aperto, e pittoresche vendite di pesce (...).