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 2016  agosto 21 Domenica calendario

È morto il fratello del piccolo Omran. Aveva dieci anni

I soccorritori che hanno estratto Omran vivo dalle macerie hanno visto morire suo fratello. Stava giocando in strada con gli amici, quando la bomba —sganciata da un jet russo o del regime siriano – ha centrato l’edificio nella zona orientale di Aleppo. Il resto della famiglia si è salvato, anche crollando la casa li ha protetti. Ali aveva dieci anni, il doppio di Omran. Era stato portato nello stesso ospedale trasformato in bunker, i sacchi di sabbia davanti alle finestre, i medici operano nei sotterranei. Non è sopravvissuto alle ferite.
«È molto doloroso guardare i figli cadere davanti ai tuoi occhi», dice il padre in un’intervista al quotidiano britannico «Daily Telegraph». Lo sguardo attonito di Omran Daqneesh, il silenzio senza lacrime mentre viene adagiato sul sedile dell’ambulanza: questa immagine è stata diffusa e trasmessa in tutto il mondo, ha acceso l’attenzione sulla rovina della città diventata prima linea da quattro anni. Nei quartieri controllati dai ribelli vivono ancora 300 mila persone, per loro sono rimasti 35 dottori.
Le luci dei fari a guidare le mani che scavano, Omran è stato raccolto grigio di polvere da Ammar Hammami, il volontario che mercoledì sera l’ha portato in braccio fino all’ambulanza. «È la prima volta che mi capita un bimbo come lui – racconta all’agenzia Associated Press —, di solito quando scampano a un bombardamento urlano e strillano, le loro voci riempiono tutto. Questo piccolo non parlava, ho cercato di comunicare, non ha detto una parola. Alla fine ha chiesto: dove sono mio padre e mia madre?».
Tre anni fa le Nazioni Unite hanno smesso di contare i morti della guerra siriana. Il compito di portare avanti la macabra contabilità è stato preso da organizzazioni che provano a tenere il passo della tragedia con un conflitto sempre più intenso, le vittime sarebbero quasi 500 mila. Il Syrian Network for Human Rights, con base in Gran Bretagna, sostiene di essere indipendente e di utilizzare 120 attivisti dentro e fuori la Siria per recuperare le informazioni. Che ha raccolto nell’ultimo rapporto dal titolo anti-russo «La Piazza Rossa è bagnata dal sangue siriano»: l’organizzazione calcola che dal 30 settembre 2015 al primo agosto di quest’anno le sortite ordinate da Mosca abbiano ucciso 2704 civili, tra loro 647 bambini e 374 donne. Di più e più in fretta dello Stato Islamico che dal 9 aprile del 2013 ne avrebbe ammazzati 2686.
Il regime di Bashar Assad e gli alleati hanno moltiplicato i bombardamenti, li hanno concentrati su Aleppo e la campagna nei dintorni: i raid dell’aviazione siriana sono stati 46 solo venerdì, i generali russi per la prima volta hanno sparato tre missili Cruise dalle navi nel Mediterraneo. Gli analisti la considerano soprattutto una prova di forza verso le nazioni occidentali per dimostrare l’espansione militare nella regione. A questo punto lo Stato di Maggiore di Vladimir Putin è in grado di ordinare attacchi da ovunque attorno e dentro la Siria: dalle piste di decollo in Iran, dagli incrociatori nel Mar Caspio e nel Mediterraneo, dalla base di Latakia sulla costa.
I missili – dichiarano i portavoce del ministero della Difesa – hanno colpito le postazioni di Fatah al Sham, il gruppo islamista che con i suoi combattenti ha permesso ai ribelli di rompere l’assedio attorno ai quartieri orientali di Aleppo. Il clan degli Assad considera la riconquista di quella che era la città più ricca del Paese fondamentale per la vittoria. Da Aleppo passava la Via della Seta e ora la sete di potere della dinastia che spadroneggia in Siria da quarantacinque anni.