la Repubblica, 19 agosto 2016
Era il 18 agosto 1996 quando un Valentino Rossi diciasettenne, coi capelli biondi alla paggetto, vinse il Gp di Brno. 114 vittorie e vent’anni dopo è ancora lì sulla stessa pista, perché lui è «uno che non si sente mai arrivato»
Quella volta lo passò a prendere sotto casa Davide Bulega. Il papà di Nicolò era un buon pilota, si muoveva da un circuito all’altro col camper e se lo ricorda bene: «Fu un viaggio lungo, il piccolo lo portai a mangiare un hamburger con le patatine perché ne andava pazzo. Era un ragazzino timido coi capelli biondi alla paggetto, 17 anni. S’era portato il quaderno coi compiti di matematica: da una parte gli esercizi da fare, dall’altra i rapporti del cambio e i dati tecnici della pista».
Valentino, sono 20 anni esatti da quella prima vittoria. Proprio qui, a Brno.
«Una giornata bellissima. Dopo la gara andai a bordo pista a vedere la corsa delle 500, e mi fermavano per farmi i complimenti. Non era mai successo che qualcuno mi riconoscesse. Che strana emozione. Ricordo tutto come fosse ieri, anche se sono cambiate molte cose».
Nove titoli mondiali, 114 gp vinti, 314 podi. Sì, sono cambiate molte cose.
«Ma le mie sensazioni sono le stesse di allora. Il sapore della sfida. Il segreto per rimanere giovani? Stare dalla parte dello sfidante: perché c’è sempre uno più forte, più bravo, che è arrivato e se la tira, ma poi succede che arriva uno sconosciuto e lo batte. Ecco: il mio segreto è non sentirmi mai il più forte, il più bravo, quello che se la tira. Io resto uno sfidante, uno che non sente mai arrivato. Un giovane».
Ancora fino a quando?
«Chi lo sa. Tra vent’anni sarò un pochino più vecchio, va bene. Ma correrò ancora, con lo stesso spirito. Magari con le auto, qualcosa di meno pericoloso».
Intanto c’è un mondiale da vincere.
«Non mi arrendo, anche se il distacco da Marc è grande. Però a questo titolo non ci penso, non ora. In fondo non ho mai pensato nemmeno ad avere una carriera così lunga. Ho sempre preferito i progetti a corto-medio termine. E ora mi concentro su di una gara alla volta. A cominciare da questa».
Sette vittorie a Brno.
«È una pista che mi piace molto, ma negli ultimi anni non è andata benissimo. Questa stagione è diversa da tutte: vado forte nelle qualifiche e in prova, poi durante la corsa succede sempre qualcosa. Un errore, un po’ di sfortuna. Ma ho anche vinto due gp, sono sempre coi primi. E sono orgoglioso, di essere ancora qui».
Vincere ancora potrebbe non bastare, con quel ragioniere di Marquez che va a sempre a punti.
«A questo punto della stagione ci vorrà qualcosa di extra. Forse le Ducati potrebbero darmi una mano, se si mettono tra me e gli spagnoli. Ci sono almeno 7 moto da podio, la centralina unica ha reso tutto più equilibrato».
E quel viaggio in camper con papà Bulega?
«Me lo ricordo eccome. E penso a suo figlio, Nicolò, che è un gran talento. Quando si allena all’Academy di Tavullia ci sono volte che vorrei gridargli di tutto perché ad esempio mi sembra che non vada abbastanza in palestra. Ma poi ripenso a come ero io alla sua età: e allora mi dico che va bene così. L’importante è che abbia sempre voglia di battersi con il più forte, che cerchi la sfida. L’importante è che resti giovane».