Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 19 Venerdì calendario

Negli anni 70 e 80 il terrorismo fece molte più stragi ma noi siamo vittime della paura della matrice islamica, l’unica che ci vuole morti

Il peggio del terrorismo, noi europei lo subimmo negli anni Settanta e Ottanta. Ci furono molti più morti negli attentati di allora, rispetto all’era contemporanea. In quanto agli Stati Uniti, con due eccezioni importanti nel 1995 e nel 2001, hanno sempre avuto e continuano ad avere pochissime vittime di attentati terroristici. Il senso d’insicurezza che ci avvolge oggi, l’allarme che domina il discorso politico e mediatico, è dunque un’illusione ottica? Non proprio.C’è almeno una ragione vera dietro l’ansia del nostro tempo: la minaccia del terrore viene prevalentemente da una matrice sola, quella islamista. Non era così in passato, quando la galassia terrorista era molto variegata per sigle e ispirazioni ideologiche (più politiche che religiose). I freddi numeri, le macabre statistiche sui morti, non bastano a spiegare la nostra sensazione di vivere in un’epoca eccezionalmente caotica e pericolosa.Una rievocazione dei nostri anni di piombo, così come viene tratteggiata in poche righe sulla rivista americana The Atlantic, aiuta sia a rinfrescarci la memoria, sia a capire alcune distinzioni importanti. «La Francia e il resto dell’Europa – si legge su The Atlantic – hanno già conosciuto questa sindrome da stato d’assedio. Ci fu un’epoca in cui comunisti, nazionalisti, anarchici, islamisti, nazionalisti, e criminali internazionali misero a soqquadro il continente». Se si eccettua l’imprecisa definizione di “comunisti” per le nostre Brigate Rosse, comprensibile in un giornale americano (le Br si auto-definivano tali), The Atlantic si riferisce a fatti di cronaca come l’attacco dei terroristi palestinesi alle Olimpiadi di Monaco nel 1972, dove uccisero 11 atleti israeliani; l’uccisione di Aldo Moro, dei suoi uomini della scorta, e tanti altri omicidi “politici” che lasciarono una lunga scia di sangue nell’Italia degli anni Settanta e Ottanta; le analoghe scorribande mortali dei terroristi di estrema sinistra in Francia (Action Directe) e Germania (Rote Armee Fraktion detta anche “banda Baader-Meinhof”); i vari attentati di origine mediorientale in Francia negli anni Ottanta; le guerre civili larvate, con metodi da guerriglia stragista contro bersagli civili, combattute dall’Ira irlandese nel Regno Unito e dall’Eta nei Paesi Baschi.Poiché la memoria personale non è “oggettiva”, che cosa ci dicono i dati, sulla pericolosità delle varie forme di terrorismo? Una delle fonti più citate è il Global Terrorism Database dell’Università del Maryland. Tiene un registro delle morti per terrorismo dal 1970 al 2015. I picchi, gli anni con il più alto bilancio di vittime, furono il 1988 (un singolo attentato al volo PanAm su Lockerbie fece 270 morti), il 1980, il 1974, il 1972. Questi sono gli unici quattro anni in cui l’Europa occidentale perse più di 400 vite per terrorismo. Anche se il 2015 e il 2016 sono stati segnati da una recrudescenza di attentati e stragi in Europa occidentale – in particolare Parigi, Bruxelles e Nizza – tuttavia restiamo sotto la metà rispetto a quelle punte massime degli anni Settanta e Ottanta. La sommatoria dei terrorismi “nazionalisti e religiosi” di allora (che includono Eta, Ira, Hezbollah e altre formazioni mediorientali), più quelli di marca politica (Br, Prima Linea, Raf, Action Directe) fu molto più mortale dei jihadisti di oggi che si richiamano all’Is. In compenso questi ultimi hanno il quasi-monopolio del terrore, mentre negli anni del rapimento Moro (1978) e della bomba alla stazione di Bologna (1980), della strage di Fiumicino o del dirottamento dell’Achille Lauro (1985), le “strategie della tensione” erano molteplici e diversificate nelle loro matrici ideologiche.Il quadro cambia solo parzialmente se s’includono gli Stati Uniti. Le statistiche americane hanno due impennate tragiche e anomale, nel 1995 per la strage di estrema destra di Timothy Mc Veigh a Oklahoma City (168 morti) e nel 2001 con gli attacchi dell’11 settembre (3mila morti). Se si tolgono quei due eventi, dagli anni Settanta fino ai nostri giorni i bilanci di attentati terroristici sul suolo Usa sono sempre rimasti al di sotto dei 50 morti all’anno.Il peggioramento di percezione del 2015 e 2016, che ha condizionato anche i temi della campagna elettorale americana, corrisponde a un’effettiva recrudescenza di attentati (San Bernardino, Orlando), ma non paragonabile ai peggiori precedenti.Come ricorda un’analisi di Margot Sanger-Katz nella rubrica Upshot del New York Times, il quadro cambia se si allarga lo sguardo al resto del mondo. Le stragi in Occidente diventano a malapena percepibili, rispetto a un bilancio di morti che sale a decine di migliaia ogni anno. È concentrato in modo smisurato in sei paesi: Afghanistan, Iraq, Nigeria, Pakistan, Siria, Yemen. La matrice del terrorismo in quei paesi è islamista. E anche questo concorre alla percezione nuova che noi abbiamo.