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 2016  agosto 19 Venerdì calendario

Milano prova a far lavorare i profughi come giardinieri

Per il primato ormai è tardi. L’idea di impiegare i rifugiati in lavori socialmente utili è venuta in mente prima ad altri. Ma Milano ha sempre l’ambizione di essere «apripista». Per questo vuole essere la grande città che porta fuori dalla fase sperimentale l’idea proposta ieri sulle pagine del Corriere dal prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del Viminale, per renderla un «modello» esportabile. Partirà il 24 settembre con quaranta richiedenti asilo a sistemare e curare una manciata di aree verdi. Tutto su base volontaria. E a costo zero per le casse del Comune. Ma sarà solo la prima fase. «L’obiettivo è coinvolgere in maniera permanente 500 persone», spiega il titolare del piano, l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino. Per il salto di qualità, però, per rendere il progetto un sistema replicabile, c’è bisogno dell’aiuto del governo: risorse, soprattutto, per coprire le spese per la gestione, selezione e formazione dei migranti.
Il sindaco Beppe Sala ne ha discusso con Matteo Renzi, quando il premier a luglio ha fatto tappa a Milano per lanciare l’alleanza tra Comune e governo su una serie di progetti. In quell’occasione, spiega Majorino, «abbiamo dato la nostra disponibilità a essere la città test». E la richiesta è stata illustrata a fine luglio anche a Morcone, ipotizzando il ricorso ai finanziamenti del ministero dell’Interno. «Ora però l’importante è partire», dice l’assessore. «Poi vedremo cosa si muove a livello nazionale. Di certo è positivo che finalmente il governo apra la discussione su questi temi».
I migranti a Milano hanno raggiunto quota 3.300. Il problema non sono i nuovi arrivi, che pur ci sono. È la serrata nei controlli alle frontiere a cambiare la situazione. Da tappa per chi voleva proseguire verso il Nord Europa, Milano è diventata sempre più spesso destinazione finale. Di conseguenza le richieste d’asilo sono aumentate in maniera esponenziale: da meno del 5 per cento del 2013 al 75 per cento di quest’anno. E i tempi di permanenza si sono dilatati. I primi a partire con il progetto lavoro saranno scelti tra i richiedenti asilo da più tempo in città, con una rotazione ogni sei mesi. All’inizio tutto volontario. Per il futuro va capito l’orientamento del Viminale sul trattamento economico. «Il prefetto Morcone ha parlato della possibilità di acquisire un punteggio per il riconoscimento dello status di rifugiato: è una strada interessante. Così come l’ipotesi di un rimborso che tenga conto dei costi dell’accoglienza». Si potrebbe ampliare anche il ventaglio di lavori. «Ad esempio nell’assistenza agli anziani, oppure nella riqualificazione di quelle strutture, come caserme ed edifici in disuso, destinate a ospitarli». «Tutto questo – sottolinea Majorino – è possibile solo se non si toglie neanche un euro dalle risorse per i disoccupati. Sono percorsi paralleli».
Chi non è d’accordo è Roberto Maroni. Ormai tra Regione e Comune lo scontro sul tema profughi è ai massimi livelli: prima l’ostruzionismo del governatore leghista alla sistemazione dei migranti nell’ex campo base di Expo, poi le critiche all’uso della caserma Montello. Adesso la bocciatura di questa ipotesi. «Non va bene – commenta – perché vuol dire incentivare gli arrivi. Non sta in piedi. Io mi occupo degli italiani e quindi il lavoro va prima agli italiani».