La Stampa, 19 agosto 2016
Dopo sessant’anni la Cia ha ammesso di aver organizzato il golpe in Iran nel 1953
Americani e iraniani saranno anche diventati buoni nemici dopo l’accordo nucleare, ma oggi a Teheran la memoria corre al peccato originale nelle relazioni comuni: il golpe del 19 agosto 1953. Il primo ministro iraniano Mohammad Mossadegh, che aveva osato nazionalizzare l’industria petrolifera della Anglo-Iranian Oil Company, viene spodestato da un golpe organizzato dalla Cia e dal Mi6 britannico.
Sessant’anni dopo, Langley ha ammesso la regia del colpo di stato pubblicando alcuni documenti desecretati. Due anni dopo, il presidente Obama ha riconosciuto che Washington «aveva avuto un certo ruolo nel rovesciamento del governo iraniano democraticamente eletto». Alcuni, come Stephen Kinzer, autore di All the Shah’s Men del 2003, credono che l’intervento americano al fianco di un dittatore che si dimostrerà sanguinario abbia portato all’affermazione della rivoluzione islamica di Khomeini.Il mite Mossadegh, figlio di un ex ministro delle Finanze e di una discendente della dinastia Qajar, non fu certo cacciato perché comunista. La Cia sapeva benissimo che non lo era. Il primo ministro, che amava lavorare nel suo studio in pigiama, fu una vittima della Guerra Fredda. Per molti anni infatti gli americani non furono affatto sostenitori dello Shah. Il presidente Truman, anzi, amava ergersi a difensore dell’autonomia dei piccoli stati: un modo elegante per minare il traballante impero britannico.
Gli strateghi americani pensavano che l’arma per fermare il comunismo fosse il greggio. La politica di Washington dipendeva dalla capacità delle compagnie petrolifere di inondare di petrolio l’Europa che si stata risollevando dalla guerra. Un memorandum segreto del ministero della Difesa americano stabiliva: «I campi petroliferi dell’Iraq, dell’Arabia Saudita e dell’Iran sono essenziali alla sicurezza nazionale di questo paese». Era il 1949 e i britannici controllavano ancora il petrolio iraniano. Inoltre l’Iran, con i suoi valichi facilmente difendibili, poteva bloccare la discesa dei sovietici verso i giacimenti mediorientali.
Così, dopo una serie di tentativi inglesi infruttuosi di scalzare il governo, orchestrati, tra gli altri, del celebre orientalista di Oxford Robert C. Zaehner, la palla passa al capo della Cia a Teheran, Kermit Roosevelt, secondo figlio di Theodore Roosevelt. Il golpe riesce il 19 agosto, Mossadegh finisce in prigione, al suo posto si insedia il generale Fazollah Zahedi, uomo dello Shah ma soprattutto degli americani. I britannici si ritrovano con un pugno di mosche.
In un mondo in cui il segretario di stato di Eisenhower, John Foster Dulles, prevede in chiave antisovietica un settore nord comprendente Turchia, Iran, Iraq e Pakistan, non c’è più posto per la neutralità di Mossadegh. Le sue idee, radicalizzate e islamizzate, ritorneranno in qualche modo con la rivoluzione, anche se Khomeini non amerà troppo quel suo «predecessore» in doppiopetto e cravatta.