Corriere della Sera, 18 agosto 2016
La pessima estate del Chapo Guzmán
È l’estate nera del Chapo. I suoi avversari, da buoni predatori, hanno capito che il boss è in difficoltà e lo azzannano. Per portargli via potere, territorio e parenti stretti. Un legame indissolubile, visto che gli affari dei cartelli messicani sono spesso questioni di famiglia.
L’ultima ferita l’ha patita il giorno di Ferragosto. Un commando di uomini armati ha sequestrato un gruppo di persone che festeggiavano nella cittadina turistica di Puerto Vallarta, all’interno del ristorante La Leche. Un locale dipinto tutto bianco, il colore del latte e della coca. Tra i rapiti, un nome eccellente: Alfredillo Guzmán, 30 anni, il figlio del padrino e uno dei gestori di Sinaloa. Con lui hanno portato via altre 6 o 7 persone, compreso un cugino. E magari un altro del clan, se sono vere certe notizie.
Chi ha condotto l’assalto è andato a colpo sicuro, bene informato sui movimenti dei bersagli, in grado di neutralizzare – senza trovare la minima resistenza – le guardie del corpo. Il sospetto del tradimento è forte, sentimento che nasce ogni volta che cade un intoccabile. E Alfredo in apparenza lo era. Almeno fino al 15, quando hanno deciso di fermarlo. Nelle ore successive al sequestro si erano diffuse voci che fosse suo fratello Ivan il rapito. Poi sono arrivate delle smentite. È anche lui nei guai? Dicono che i parenti avrebbero perso i contatti. O è l’uomo che è uscito dal ristorante poco prima dell’attacco? La polizia sostiene che un individuo ha raggiunto il settore privato dell’aeroporto per imbarcarsi su un piccolo aereo. A quell’ora ne sono decollati solo due: uno diretto a San Luis Potosí e l’altro a León. Era davvero Ivan o un misterioso personaggio che magari ha fatto la soffiata?
Da quando il Chapo è stato arrestato nel gennaio di quest’anno, al termine di un blitz dei militari, le cose si sono messe di traverso. Anzi, a dire il vero la montagna ha iniziato a sgretolarsi quando Guzmán, commettendo una grande leggerezza, ha concesso l’intervista alla star Usa Sean Penn. Una concessione alla vanità e al cuore, visto che a fare da intermediaria c’era la sua passione neppure troppa segreta, l’attrice Kate del Castillo. L’incontro è stato fatale. È probabile che i marines abbiano seguito le tracce lasciate dalla troupe e alla fine, complici buone segnalazioni, abbiano scovato il nascondiglio a Los Mochis. Con il leader in cella – prima all’Altiplano, poi a Ciudad Juárez —, fuori sono iniziate le grandi manovre.
Gli Usa hanno rinnovato la richiesta di estradizione, dando molto lavoro ai legali del bandito. Una spada che incombe sulla testa del boss e che lo ha probabilmente distratto o indebolito. Perché altrimenti non si spiegherebbero le incursioni dei rivali. In giugno un gruppo di armati ha messo sottosopra la residenza della madre de El Chapo a La Tuna. Un affronto grave seguito dall’uccisione, qualche settimana dopo, di due nipoti di Emma Coronel, la ex miss diventata una delle mogli del boss. Li hanno freddati senza troppe parole, avevano appena 19 e 13 anni.
Ora il colpo micidiale con il figlio portato via sotto gli occhi di tutti e delle telecamere. Un guanto di sfida insopportabile per chi è abituato a dominare. Ma che non sorprende: il «re» ha ormai troppi conti da pagare. Chissà quale sarà il prezzo per Alfredo.
Joaquín deve vedersela intanto con il cartello Jalisco-Nueva Generación. Le autorità non escludono che sia stata questa formazione – molto abile sul piano militare – ad aver condotto il rapimento. Da tempo contende il terreno a Sinaloa ed è talmente sfrontata da aver abbattuto un elicottero. Poi c’è il nipote di Guzmán, Alfredo Beltrán che ha una questione personale legata ad Alfredillo. Infine la minaccia più seria, quella di Rafael Caro Quintero, alias El Príncipe, signore della droga.
Pur membro del cartello di Sinaloa, avrebbe deciso di riprendersi una posizione primaria. Recentemente ha rilasciato un’intervista per negare l’ostilità verso il socio e, come altri criminali, si è giustificato dei suoi traffici sostenendo che non aveva altra professione. Insomma, una questione di sopravvivenza. Una strana apparizione per un personaggio discreto, consapevole di essere nel mirino degli Stati Uniti che lo accusano di aver provocato la morte, tra atroci supplizi, dell’agente Dea Kiki Camarena. Rafael, che è stato scandalosamente rilasciato dai messicani nel 2013, ha trovato sponde nella compagna. La formosa Diana Espinoza Aguillar ha contatto i media per respingere le accuse statunitensi: anche lei ha un ruolo chiave nel mandare avanti la macchina che produce stupefacenti e dollari.
È una torta ricca che ogni tanto i narcos si spartiscono, però sono lesti a prenderla tutta nel caso il concorrente abbia dei problemi. E il Chapo li ha. I vincoli familiari e quelli «professionali» possono smussare i contrasti, ma non sono l’antidoto contro le faide. C’è sempre qualcuno che vuole impossessarsi della corona dell’imperatore nero.